RIVOLUZIONARIA MOANA: IL FILM PIU’ SFACCIATAMENTE FEMMINISTA MAI PRODOTTO DALLA DISNEY
YES SHE CAN
L’ultimo cartone animato della celeberrima casa cinematografica vanta una ballata molto orecchiabile, composta da Lin-Manuel Miranda del musical Hamilton e un’eroina che non ha bisogno di un uomo per sentirsi completa.
Il cartone animato Moana ci presenta l’eroina di cui abbiamo bisogno in questi tempi difficili dopo l’elezione di Trump e la principessa Disney che finalmente ci meritiamo. L’eroina prende le sembianze di un’impavida sedicenne che detesta essere chiamata principessa e che discute con il semidio Maui doppiato dalla voce dell’uomo più sexy al mondo, secondo la rivista People, Dwayne “The Rock” Johnson. E invece di imparare a fregarsene dei nemici e a lasciar correre, Moana Waialiki, una teenager erede di una lunga tradizione di leader polinesiani, impara a non accettare mai alcun limite e a scoprire quanto lontano può arrivare. Il timing dell’uscita di Moana, nella settimana del Giorno del Ringraziamento, sarebbe stato ben più poetico se a vincere l’elezione presidenziale fosse stata Hillary Clinton. Tuttavia, mentre ancora aspettiamo il giorno in cui la prima donna presidente prenderà dimora nello studio ovale, forse questa prodigiosa principessa, contraddistinta dalla sua forza femminista mirata alle ragazzine, sarà in grado di allevare una generazione di giovani donne per cui la rottura del soffitto di cristallo per eccellenza sarà un’inevitabile routine invece di un atto pionieristico. Pertanto, mentre i nazionalisti bianchi conquistano una testa di ponte nell’amministrazione di un presidente eletto, che ha confessato di ‘afferrare le donne per la vagina’, Moana offre una meravigliosa tregua perché rappresenta sia una soddisfacente e tradizionale narrativa in chiave Disney sia il film in assoluto più progressivo nella storia dello studio cinematografico, fondato quasi un secolo fa, che vede protagonista una coraggiosa, nobile e impavida principessa di colore. Il film segue le avventure di Moana (doppiata dalla voce carismatica dell’esordiente sedicenne Auli’I Cravalho, originaria delle Hawaii), figlia di un capo che le ha sempre ricordato che un giorno sarebbe stata lei a guidare il suo popolo. Moana, alla quale è vietato avventurarsi nel vasto oceano che la chiama a sé, fatica a contenere l’anelito di esplorare i confini del suo mondo. Ma quando il deterioramento delle condizioni ecologiche inizia a devastare le uniche fonti di nutrimento del suo popolo e a minacciare il futuro dell’isola, Moana sfida il padre e abbandona la sicurezza della propria casa per salvarla dalla rovina. Per fare ciò, Moana si mette a navigare insieme a un pollo imbranato e all’oceano stesso che le farà da guida alla ricerca dello spavaldo semidio Maui (Johnson), determinata a fargli restituire la pietra che dà la vita, il cui furto ha scatenato la lenta morte dell’isola. Nel corso del viaggio sarà Maui a dimostrarsi egoista e spaventato, un baldanzoso essere sovrumano con tatuaggi magici che avrebbe seriamente bisogno di uno psicologo. Moana, al contrario, indaga a fondo per trovare l’intrepida sicurezza che l’aiuti ad affrontare i più temibili nemici: navi guidate da noci di cocco pirati predatori, un gigantesco mostro di lava e soprattutto la sua insicurezza. Moana, scritto da Jared Bush (Zootopia) e sostenuto da un’appassionante colonna sonora composta da Lin-Manuel Miranda, prodigioso creatore del musical Hamilton, è la storia di formazione di una giovane ragazza che si fa strada a suo modo nel mondo. E’ il primo film Disney su una principessa dove non ci sono principi in giro, dove non c’è alcun ragazzo sul quale ossessionarsi, senza alcuna menata femminile su cui soffermarsi e nessun romantico intreccio secondario capace di distrarla da ciò che davvero conta: sopravvivenza, indipendenza, identità e fiducia in se stessa. L’orecchiabile canzone “How Far I’ll Go,” inno equivalente a “Let It Go” di Frozen, è stimolante e coraggiosa. Ne abbiamo fatta di strada dai tempi in cui le eroine Disney aspettavano che i ragazzi donassero loro un anello o si presentassero con la scarpa del numero giusto. La bellissima avventura animata rappresenta anche il primo film Disney dedicato agli abitanti delle Isole del Pacifico, che vede protagonisti autentici isolani:Auli’I Cravalho, Dwayne Johnson, Temuera Morrison, Rachel House a Jemaine Clement, che ruba la scena nel ruolo di un infido granchio che si esibisce in un brano di glam rock. La sceneggiatura è ispirata ai miti e alle tradizioni delle Isole del Pacifico, passati al vaglio da una coalizione di esperti soprannominati Oceanic Story Trust, mentre il musicista dell’Oceania Opetaia Foa’i ha collaborato alla colonna sonora insieme a Manuel e al compositore Mark Mancina. Nel 2009 i registi Ron Clements e John Musker diressero il film La Principessa e il Ranocchio, dove l’eroina Tiana rappresentava anch’essa una novità per la Disney: la prima principessa africana-americana della sua storia. Nel corso di due decenni, la coppia di registi ha anche diretto i classici della rinascita Disney come La Sirenetta e Aladdin, che presentavano alcuni elementi che riecheggiano in Moana. I lussureggianti scenari e i vivaci ambienti, ricchi di dettagli, non mettono mai in ombra le conquiste visive più formidabili del cartone animato: ossia che tutti i personaggi principali hanno la pelle scura, lunghi capelli neri e ondulati, lineamenti decisamente non caucasici e tradizionali tatuaggi incisi a mano per preservare la loro storia sulla pelle. Moana supera di gran lunga la recente infornata di racconti di principesse Disney, una serie che si è fatta sempre più progressiva mentre abbandonava la tradizione di un tempo della donzella bianca a favore di maggior azione e diversità. Non è difficile immaginare l’intrepida giovane Moana guidare un villaggio o una nazione, né per Moana risulta mai complicato credere di potercela fare, yes she can, perché ovunque si giri nell’idilliaca isola di Motunui, la gente le dice che lei può farcela. Suo padre, Capo Tui Waialiki, è talmente iperprotettivo da vietarle di avventurarsi oltre la rete di sicurezza della barriera corallina dell’isola. Ma il padre inculca anche in Moana la sicurezza per sentirsi leader, che è esattamente ciò che la spinge a disobbedire agli ordini paterni per salvare il suo popolo, mentre gli insegnamenti della Nonna Tala le infondono una direttiva spirituale radicata nella sua eredità familiare. Frozen, il grandissimo successo della Disney del 2013, sovvertì le romantiche aspettative della fiaba tradizionale con un finale a sorpresa: invece di un bacio d’amore da parte di un aspirante principe azzurro che, si scoprirà, era interessato solo a conquistare il potere, è il legame tra sorelle di Elsa e Anna a salvare la situazione. (Le priorità, signorine.) La duplicità di Hans, con le conseguenze che conducono la trama, ha rappresentato un piacevole allontanamento dalle eroine dell’era passata Disney, Cenerentola, Bella Addormentata e Biancaneve, tutte ossessionate dal matrimonio. Ma Frozen presentava anche il giovane aitante Kristoff nel tentativo di controbilanciare il potere femminile, come se due donne al potere fossero troppe. Ed è precisamente questo a rendere Moana la storia con l’eroina più adatta ai nostri tempi. A Moana finalmente è concesso semplicemente di essere: allevata sin dalla nascita a ereditare il potere, le viene costantemente ricordato che lei è in gamba e forte, dotata di quella sicurezza in grado di guidare gli uomini e le donne intorno a lei sin dalla tenera età, senza che la sua capacità di farlo sia mai messa in dubbio. Sotto quest’aspetto, Moana ricorda più Merida, la principessa dalla folta chioma fulva del cartone Brave della Disney-Pixar, che fugge letteralmente via dal concetto di un matrimonio obbligato come parte necessaria del suo destino di principessa. Moana non ha bisogno dell’amore di un ragazzo per completare se stessa o il suo viaggio, ma, a differenza di Merida, non deve nemmeno preoccuparsene, dal momento che nessuno mai la disturba con una simile questione, men che meno gli sceneggiatori del cartone. Moana inoltre non vuole mai sfuggire al suo dovere di aiutare il suo popolo, per le cui tradizioni prova una profonda riverenza. Il suo amore per il popolo la spinge a navigare a testa alta i mari aperti. Se mai il villaggio offrisse qualche bel ragazzo, o anche qualche bella ragazza, un giorno forse Moana potrà considerare di trovare un partner, ma nel cartone non ne vediamo. Non sono necessari. Moana è un’eroina che basta a se stessa per completare la sua storia ed è questo il punto cruciale che la Disney e altri studi cinematografici hanno impiegato così tanto tempo ad abbracciare.
NdT. Notare come nella versione italiana, il titolo Moana sia stato cambiato in Oceania perché altrimenti avrebbe fatto subito pensare a un’altra eroina rivoluzionaria, in questo caso del porno, Moana Pozzi. Stessa motivazione che spinse a non tradurre il titolo del film Troy in Troia …
Quest’articolo di Jen Yamato è stato pubblicato su The Daily Beast e tradotto dalla sottoscritta.