Amo calleggiare! Termine coniato ad hoc dalla sottoscritta mentre beata e leggiadra si è concessa un mese ristoratore tra le calli veneziane. Inoltre, calleggiare, ossia andar per calli senza una meta, rima con cazzeggiare, altro fondamentale esercizio da implementare in questa convulsa vita moderna. Più passa il tempo, sono alla vigilia dello scoccare dei 47 anni, più sento il bisogno psicofisico di vivere in luoghi a dimensione umana, con personaggi pittoreschi e stradine da percorrere a piedi. Camminare è uno dei pochi vizi sani che ho. Infilarmi le scarpe da ginnastica, o le galosce visto il tempaccio dello scorso maggio, selezionare la musica in cuffia e partire di slancio verso il sentiero di vita. Che percorro per ore senza meta apparente.
Venezia è il luogo ideale per farlo perché perdendosi ci si ritrova, o meglio, come scrive il bravo Tiziano Scarpa nel libro Venezia E’ Un Pesce, “Smarrirsi è l’unico posto dove vale la pena andare.” Battendo i masegni irregolari che compongono la pavimentazione delle sue calli. L’unico itinerario da seguire in laguna è a caso o a casso come mi piace storpiarlo.
I versi della poetessa Costanza Fenegoni Varotti, presumibilmente un alias dello scrittore Tiziano Scarpa, recitano: