“La nota gaia del quartiere” è l’azzeccato soprannome che mi è stato affibbiato nel quartiere dell’Arco della Pace a Milano, la mia città ‘marito’, alla quale metto rinvigorenti corna con annuali fuitine a New York, mio amante d’elezione, o meglio d’erezione. Fu proprio a Manhattan che una mia gaia conoscenza un giorno mi definì “un uomo gay in un corpo di donna.” L’ho sempre ritenuta una combinazione irriverente e divertente, che definisce il mio registro di scrittura e il mio stile di vita. Libera e libertina, scorrazzo in costante moto a luogo di orizzonte in orizzonte e di amante in amante, infischiandomene con coltivata leggiadria dei benpensanti e delle malelingue e narrando le mie eroticomiche avventure. Sono una novella Ulisse, cantastorie dell’eros, frivolo giullare e impavida viaggi-attrice sul palco della vita alimentata da dirompente Lust for Life come cantava il camaleontico Iggy Pop.
E’ la ricerca a svolgere un ruolo chiave nella mia esistenza di vagabonda del dharma, sempre anelante verso lidi nuovi e sconosciuti. Rifuggo a gambe levate la monotonia, che nel mio spirito rima con monogamia, assaporando ogni fruttifero e proibito boccone che il sentiero mi pone sul piatto. Desidero condividere con voi il mio ricettario di gusti, vizi e sviste che oggi vi servo da Venezia, luogo ideale dove smarrirsi per ritrovarsi, culla dell’amore e dell’erotismo.
Per assoluta fatalità – espressione veneziana che suona come “Inshallah” ma spogliata di qualsiasi retaggio religioso – in una delle mie amorose scorribande in laguna mi sono imbattuta in una delizia di casa editrice, Damocle Edizioni, dove ho scoperto i peccaminosi versi di Giorgio Baffo, soprannominato nel Settecento “il poeta delle orge.” Le sue licenziose liriche, orgogliosamente scritte in veneziano, tra cui la raccolta Mona, sprizzano lussuria e goduria.
E ancora l’avventuriero libertino Giacomo Casanova, veneziano doc, che fu anche un agguerritissimo difensore dell’intelligenza delle donne. Perché per amare davvero le donne, bisogna rispettarne l’intelletto e non solo poppe e chiappe.
Non esiste al mondo luogo più intrigante di Venezia, teatro nei secoli di giramondo, amanti, artisti, viaggiatori e scrittori. Nel Cinquecento Venezia vantava un quartiere a luci rosse, situato tra San Polo e Rialto, dove sorgevano i luoghi di piacere, i postriboli, ravvivati da seducenti cortigiane, tra cui spiccava Veronica Franco, avviata al mestiere più antico del mondo dalla madre, che faceva parte di un circolo letterario e che ha lasciato in eredità due libri di poesie.
Nel 1421 le prostitute furono trasferite per editto del Doge nelle case che la Serenissima aveva ereditato dalla famiglia Rampani, da cui Ca’ Rampani e il termine carampane. Il Doge concesse alle donnine di piacere di mettere in bella mostra la mercanzia affacciandosi poppute sui balconi per arginare il dilagare dell’omosessualità in laguna. N’è testimonianza ancora oggi il Ponte delle Tette che solca il Rio delle Tette, situato davanti a uno dei bordelli di un tempo.
Uno dei miei decadenti rituali veneziani è visitare una di queste locande, che in passato offriva vino e companatico ai frequentatori dei postriboli, e che oggi con il nome di Antiche Carampane ospita uno dei social table più social di Venezia frequentato da casanova locali, e aspiranti tali, con i quali intrattengo sempre dissolute e argute conversazioni e dove non mi stanco mai di mostrare le mie beltà in pimpante attesa della prossima preda. Quanto è bello fare l’amore con Venezia.
Lasciatevi rapire dalle voluttuose calli e dalle mie pillole d’erotismo che vi faranno viaggiare con la fantasia e l’intelletto, magica unione per assaporare i manicaretti che ogni viandante della vita è in grado di scovare in questo singolo giro di giostra che ci è concesso.
Sono intimamente convinta di essere stata una cortigiana, molto –anal, in un’altra vita. O una dogaressa di lussuriosi editti.
CONSIGLIO DI LETTURA
Documentatevi sull’avventurosa, dispendiosa, surreale e intrigante vita della Marchesa Luisa Casati Stampa, chiamata anche La Divina Marchesa, che fece della propria vita un’opera d’arte, tra Milano, Parigi, Londra, Capri e Venezia. Qui la Divina possedeva il Palazzo Venier dei Leoni, oggi sede del Museo Peggy Guggenheim dove organizzava sontuose feste sopra le righe e dove sfoggiava ghepardi con collari di diamanti e serpenti come monili. Amante, tra gli altri, di D’Annunzio, la Divina è stata ritratta nei dipinti di Carrà, in quelli di Giacomo Balla e di Giovanni Boldini, nelle sculture di Boccioni, nelle fotografie surreali di Man Ray, nei diari di guerra di Marinetti, nelle memorie di Depero, fu una musa per i futuristi e le avanguardie, ispirò personaggi letterari come la Isabella Inghirami, personaggio del romanzo di D’Annunzio “Forse che sì forse che no”.
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