Io credo nella natura, nella mia e in quella che mi circonda. Mi sento più vicina a qualsiasi entità superiore quando cammino e mi perdo nei boschi, nei sentieri di montagna, nelle campagne. E la rispetto accogliendo a malincuore i rigori invernali, l’oscurità e il riposo del letargo. Del resto siamo tutti animali e la vita oltremodo urbana danneggia il naturale corso dei nostri ritmi biologici. Troppa luce, troppo rumore, troppo di tutto. Gli animali nella giungla urbana impazziscono.
Qui non posso esimermi dal citare una delle memorabili frasi pronunciate dal personaggio Il Drugo, interpretato da Jeff Bridges ne Il Grande Lebowki: “Un sacco di input e di output. Sai, fortunatamente io rispetto un regime di droghe piuttosto rigido per mantenere la mente, diciamo, flessibile.” Insomma, le città alterano e disturbano la psiche di noi umani con risultati evidenti nell’isteria collettiva e nell’aggressività che monta. Io, quindi, in inverno ho imparato a starmene quieta, possibilmente in casa, se riesco in silenzio, circondata dalle parole dei miei amatissimi libri. Il mio letargo stagionalmente abbraccia anche il riposo dei sensi. Scappa pure la voglia di scappatella nel rigido periodo dell’oscurità. Poi, al pari dei primi fiori che sbocciano, ecco che mi sento pervadere da una ritrovata, e riposata, energia da risveglio. Il ciclo sonno/veglia si accorcia, l’umore migliora, la voglia di muoversi aumenta e torna prepotente e famelico l’appetito di sensi. Ogni anno, stufa del riposo aspetto impaziente l’arrivo della preda di pre-primavera. Capace di riattivare la mia libido frustrata (ahimè non frustata). Di riportarmi a godere tutti, e in tutti, i sensi. Scalcio quando tarda a “venire.” Eppure so nell’intimo che arriverà a scacciare via paturnie, ansie, noie. E così è stato anche quest’anno …
Il Capodanno Cinese – Anno del Maiale – è stato provvidenziale: una combinazione di rinascita, di riscoperta e di risveglio. Altresì provvidenziale è stato il messaggio da parte di un amico/conoscente che negli anni incrociavo ma con il quale non mi ero mai trovata da sola. Semplicemente non avevo creato il momento. Poi lui mi ha stanato nella mia tana. Quando ci siamo finalmente incontrati e parlati, mentre gli osservavo le possenti mani, ho avvisato netto il risveglio. Partito dalla testa ma prontamente corrisposto dalla figa che ha pensato bene di strabuzzare gli occhietti e incominciare a pulsare a nuova vita proprio mentre me lo trovavo davanti. Il siparietto è stato comico, come so essere comica e buffa io. Nel tentare una conversazione intrisa di banalità (le mie), sono come fuoriuscita dal mio corpo osservandomi dall’alto: una radiolina impazzita che sparava parole a getto, incapace di frenarsi. Boom! Dall’esterno la mia mente mi diceva: “Oddio rallenta. Cosa stai dicendo?! Perché parli a raffica?!”.
Chiaramente tutto questo in frazioni di secondi con lui davanti con il bellissimo sorriso e quelle mani … Gliele osservavo con la stessa brama di un uomo che fionda l’occhio nella prosperosa scollatura di una donna. Già le immaginavo sul mio collo, sul mio seno, stringermi, strozzarmi, sondarmi. Qui richiamo un altro film, il mio preferito, Annie Hallil capolavoro di Woody Allen targato 1977. Il Woody nevrotico newyorchese al suo meglio. La scena è quella sulla terrazza dove Alvy (Woody Allen) ha il primo tête-à-tête con Annie (Diane Keaton): si parlano addosso ma ciò che realmente stanno pensando si può leggere nei sottotitoli. Lui parla di canoni estetici della fotografia e il sottotitolo rivela ciò che in realtà gli balza per la mente: “Chissà com’è nuda a letto”. Lei risponde balbettante qualche cosa mentre pensa: “Spero non si riveli un imbecille come tutti gli altri.” Esilarante e geniale perché così funziona al primo incontro.
Mi veniva da sorridere mentre parlavo, mi vedevo dall’alto e collegavo la scena del film. Il mio è multitasking psichico, del resto noi bipolari, nel mio caso temo addirittura tripolare, sappiamo saltellare da un pensiero all’altro con il risultato di produrne di scombinatissimi. Però avvertivo la gioia del risveglio. I sensi che solleticano lo spirito, l’espressione beata e buffa, l’eccitazione che avvolge calda il corpo e chiaramente l’ansia che monta su tutto, il che nel mio caso produce un rischioso effetto a catena per via della mia proverbiale maldestria. Nel mostrargli casa, il mio peculiare loft ex latteria su strada, lui intravede un pezzo di muro dov’era caduto lo stucco. Mi spiega che è assai facile ripararlo. Scoppio a ridere: non sono in grado nemmeno di appendere un quadretto essendo irrimediabilmente negata per qualsivoglia lavoretto di casa, non di mano! Gentile e maschio, mi dice: “Se vuoi uno di questi giorni passo e te lo stucco.”
Quella frase mi ha lasciato proprio di stucco (!) e non sono riuscita a trattenermi. Sono scoppiata a ridere e gli ho detto: “Avrei una cosa da dirti. Mi piaci!”
Diretta, sincera, spontanea. Così sono e così mi piace essere. Perché negare un’emozione che ti sgorga fuori? Perché implementare ansiolitici giochi mentali? Perché mentire a se stessi? Gli ho detto ‘mi piaci’ di getto perché di getto l’ho sentito.
La sua reazione è stata fighissima. Ha sollevato quelle mani, mi ci ha stretto la testa, si è avvicinato e mi ha confessato di piacergli da tempo. E poi bacio fu. Anzi, IL bacio. Come lo vorremmo tutti noi: intenso, appassionato, lungo. Dato bene, anzi benissimo. Da due che di baci se ne intendono. Quel rapimento di labbra così inebriante da farti sentire i brividi sul corpo, così forte da farti letteralmente girare la testa. Tutti i sensi in tumultuoso gioco.
Perché la vita non è altro che un gioco e un passatempo. Lo si legge nel Corano.
Ben lieta di aver trovato un intrigante compagno di passi perché il tango si balla in due.
Godetevi la Luna Piena di domani 19 febbraio 2019.
Io ululerò alla luna in stile Ululì Ululà!
Mitica scena tra Annie Hall e Alvy Singer