Le mie scorribande spesso e volentieri oltrepassano i confini del nostro bigotto e pietoloso staterello italico per assaporare perversioni straniere e gusti esteri, in quell’erotico limbo costituito dal viaggio in solitaria, dove una sexual-sniper, ossia una cecchina sessuale, del mio calibro può sollazzarsi in conquiste esotiche e diverse con sconosciuti in luoghi remoti e sospesi. Questo mese ho fatto ritorno nella mia città d’elezione, o meglio d’erezione: New York City, la città che non dorme mai perché troppo impegnata a scopare. Dal tramonto all’alba e dall’alba al tramonto, un susseguirsi onnivoro d’incontri/scontri con corpi, culture, razze, religioni, eterogenee e affascinanti, la mecca assoluta e dissoluta di qualsiasi peccatore con tanto di pedigree. Inoltre la città dalle mille luci non soffre d’ipocrisia sessuale, anzi la Grande Mela s’offre a chi la visita come una variopinta ed eccitante FuckLand, dove cogliere qualsiasi frutto proibito. Dai club hip-hop di Harlem, alle stradine di Central Park, dai blasonati musei cittadini ai locali del West Village, ogni angolo della città regala opportunità piccanti. Basta saperle scorgere e cogliere, al momento giusto. Ogni tanto deviare dal percorso prestabilito e commettere un’infrazione può rivelarsi alquanto fruttuoso … leggere per credere. Sbarco in città, ospite a casa di un’amica bizzarra e sopra le righe che vive nel Lower East Side, un tempo quartiere malfamato di emigranti, oggi zona gentrificata e hipsterizzata, ma che comunque mantiene la sua dark side. La mia amica ama accompagnarsi a personaggi ambigui, quando non a veri e propri delinquenti, ma siccome mi ospita a MAN-hattan, non posso fare la difficile. Arrivo, risate, chiacchiere, vino, spinellino e poi lei esce con uno dei suoi presunti fuorilegge, lasciandomi in casa un po’ stordita dal jet-lag e dai bagordi. Sento suonare il citofono mentre sono in doccia ma non me ne curo, tanto so che non è per me. A un certo punto sento, invece, suonare il campanello di casa e bussare con foga alla porta. Trafelata e bagnata fradicia, cerco un asciugamano, che trovo solo di dimensioni XS, me lo lego intorno al corpo alla meno peggio e odo la frase più inquietante che orecchie umane possano immaginarsi: ‘NYPD, open the door’. Excuse me?! Il famigerato corpo di polizia newyorchese che bussa solerte alla porta di casa mentre io, fradicia di doccia e vino, cerco goffamente di nascondere l’odore di marijuana nella stanza e mi affanno disperata a tirare fuori un indumento decente per vestirmi e aprire la porta. Ma loro, sono due, infatti, non demordono e il ‘knock-knock’ prosegue, così come la temibile frase. Acciuffo una maglietta, per caso bianca, e una gonna, i capelli lunghi colano acqua dappertutto e mi rendono una papabile, e palpabile, concorrente per la gara Miss Maglietta Bagnata. Temendo sfondino la porta, meglio sfondare altro pensa la mia mente malata e bacata, mi fiondo sulla serratura e spalanco. La porta, cos’avete capito? Mi trovo davanti due marcantoni, uno bianco e uno di colore, non in divisa, perché come mi spiegano, dopo averli fatti accomodare, sono due detective della vice-squad, ossia la buoncostume americana. Ecco, solo a me poteva capitare di arrivare a NY e trovarmi letteralmente sulla soglia di casa due detective della buoncostume. ‘Siete qui per ME?’ vorrei chiedere ma sono loro a condurre il gioco: cercano la mia amica, te pareva … Io in preda a quello che si può solo definire panico allo stato puro balbetto qualcosa e già sento l’impellente necessità di confessare tutti i miei crimini. I due, avvezzi al loro mestiere, comprendono subito che sono un po’ sbarellata e tesissima, ma fottutamente innocente. Mi lasciano i loro biglietti da visita e mi chiedono di farli chiamare quanto prima dalla mia amica. Intanto, quella zoccola chissà dov’è e con chi. Del resto, chi si somiglia, si piglia Quando finalmente escono di casa, mi accascio prostrata su una poltrona, recupero lo spinellino e lo riaccendo, solo per fugare il panico ed eliminare tutte le prove. Quindi, in quella fumosa fase di pace allucinata, scoppio a ridere, ancora umida dalla doccia, e ripenso ai due detective, di cui uno, il nero, dal fisico scolpito e muscoloso. Quando quella debosciata della mia amica fa rientro a casa, io ancora scossa, in ogni senso, dall’improvvisata della buoncostume, le dico di chiamare subito il distretto, anche perché non voglio essere complice delle sue malefatte. Mi bastano, e avanzano, le mie. Lei non sembra affatto preoccupata e anzi, ridendo, la vedo comporre il numero e chiamare i detective. Chiacchiera serena, poi la sento ridere, di nuovo, e dire ‘Yes, Italian, Playboy journalist, 40 something …’ Che cazzo fa, mi sta vendendo al nemico? Appende il telefono e mi dice: ‘Il detective S. si voleva scusare con te per averti fatto venire un mezzo infarto. Se ti va, ti passa a prendere per bere una cosa insieme.’ That’s NYC, la città dove anche l’impensabile può succedere. Secondo voi, cos’ho risposto io? Elementare, Robbie. E preciso che il detective S. era il marcantonio di colore …
Andiamo in un locale di Midtown, nel cuore convulso della città, in mezzo ai grattacieli e agli incessanti rumori tipici di NYC. La prima cosa che penso nel rivederlo è quanto è sexy; in effetti, la combinazione detective-jungle fever (espressione che indica l’attrazione sessuale dei bianchi per i neri) è esplosiva. Sento incombere su di me la responsabilità di inaugurare Robbie Style quest’inaspettato dono color cioccolato regalatomi dalla mia amata NY. Dopo due Martini, io, e tre birre, lui, avverto la testa girarmi e lui mi propone di uscire a prendere una boccata d’aria. E così mi ritrovo nel frenetico ombelico del mondo, abbagliata da luci, sconvolta da feroci guizzi e perversi desideri, accanto a questo macho dalla pelle color ebano che, con sguardo d’intesa, mi chiede se ho voglia di fare una passeggiata a Central Park. Mai in tutti gli anni che ho visitato New York mi sono avventurata di notte nel parco, per ovvie ragioni di sanità mentale. Ma mai prima d’ora ho avuto accanto un detective alto quasi due metri, dai potenti muscoli e soprattutto dotato di grosso ferro, inserito nei pantaloni. E con ferro intendo la pistola, una Glock d’ordinanza. Entriamo al parco dalla 72esima, in quel dell’Upper West Side, precisamente davanti al mitico Dakota Building, il bellissimo e inquietante edificio dove John Lennon fu assassinato e dove Roman Polanski girò Rosemary’s Baby. Ed è nel parco che commetto la (prima) infrazione che rivoluzionerà la sceneggiatura di quest’avventura, trasformando la potenziale puntata di Law & Order in una di Sex & The City. Mi siedo su una panchina e oso accendermi una sigaretta. Proibitissimo. S. ‘You know smoking is illegal in the park’. Io, maliziosa e incurante delle sue parole, anzi, divertita all’idea di stuzzicare un poliziotto, mi porto la sigaretta alla bocca, fissandolo negli occhi, scavallo le gambe, le divarico un poco e gli chiedo: ‘C’è qualcos’altro di illegale che posso fare?’ S. si avvicina con il suo corpo massiccio, prende la mia sigaretta, la porta alla sua bocca e mi dice ‘Adesso siamo entrambi fuorilegge’. A questo punto, infrazione per infrazione, tanto vale proseguire sulla strada del crimine. Mi divarica le gambe tenendo le mani salde sulle cosce. Non mi bacia nemmeno sulla bocca prima, ma si dirige subito sotto, spostando rapido le mutandine e iniziando a stimolarmi il clitoride con la lingua. Io reclino il capo all’indietro, solo per essere travolta dallo spettacolare scenario in cui tutto questo gioco piccante sta avendo luogo. Soli nella notte newyorchese tra alberi e grattacieli, nel buio serale i nostri sensi si lasciano andare allo stato brado, come animali nella foresta. L’attrazione è ancora più attizzata dalle nostre pelli e dai nostri corpi così opposti: lui, grosso, possente, nero; io, piccola, minuta, bianca. Gli opposti si attraggono. Il rischio di essere scoperti funge da potente stimolo sessuale per amanti selvaggi. E’ così che dai liquidi preliminari orali sulla panchina, S. mi solleva di peso, un peso piuma per lui, e si addentra nel parco. Vogliamo scopare en plein air. S. mi appoggia contro un albero, tenendomi strette le cosce tra le mani, si slaccia i pantaloni, mette al sicuro la pistola e tira fuori il suo ferro, caldo, nero, pulsante. Inizia a baciarmi con foga la bocca, il collo, il seno mentre infila il suo sesso dentro di me, nella foresta urbana della città più tentacolare al mondo. Non riesco a trattenere un sorriso smaliziato mentre vengo scopata duro all’aperto in un luogo pubblico da un detective della buoncostume. E già la mia mente deviata immagina scenari urbani ad alto tasso erotico, in un museo, al cinema, in un locale. Ovunque si possa farlo strano, del resto voglio sfruttare il fatto che sia un poliziotto perché immagino sia in grado di cavarci fuori da qualsiasi possibile incidente di percorso.. Finalmente ho trovato un uomo che ama rischiare. E ama farlo con me. Altro che A Piedi Nudi Nel Parco, io sono rimasta completamente nuda a Central Park, o meglio Pork!
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