“I veri pervertiti sono coloro che reprimono i loro istinti sessuali invece che viverli liberamente.” (Tinto Brass)
Le fiabe di memoria passata narravano di donzelle da salvare e di prodi maschi pronti all’azione (su quest’ultimo punto, dirò solo C’era una volta… perché sono passati quei “bei” tempi), che, dopo perizie e arguzie, sotterfugi e soluzioni, riconquistavano la loro bella e al culmine della storia d’amore il tutto finiva con un E vissero felici e contenti. Bel modo paraculo di concludere il racconto, sorvolando beatamente su cosa succede dopo essersi trovati e innamorati. Perché le vere tribolazioni subentrano in seguito. La ricerca è una passeggiata; il gioco dell’incontro/scontro amoroso è il motore di ogni rapporto umano. Ma poi? Silenziosa e insidiosa s’insinua una crescente normalizzazione del rapporto di coppia, affiancata dalla noia e in ultima analisi dalla pace dei sensi. Allora bisogna armarsi/amarsi di coraggio e audacia per annientare sul nascere il mostro a tre teste della routine sessuale. A ognuno la sua personale soluzione: variare le posizioni, arrischiare la trasgressione, osare il tradimento, proporre giochi estremi … In sostanza, bisogna lavorare sul rapporto sessuale perché tutta quella naturale spontanea irrefrenabile passione carnale dell’inizio, comunque tu sia o faccia, ha una data di scadenza. Conoscersi a fondo e amarsi creano dinamiche, più profonde e più costruttive ma altresì uccidono la scoperta e di conseguenza la scopata. Le conversazioni vertono più su una lista di doveri/bisogni, una logistica di coppia, capace di annichilire e annientare qualsiasi passione. Ed è per questo che si tradisce: non perché non si ami più, ma perché si vuole amare ancora. Riscoprendo la folle passione passando per il corpo di uno/a sconosciuto/a, spogliandosi delle menate del vivere quotidiano. Una fugace fuga in figa in grado di scatenare e risvegliare il maschio sedato e cazziato dalle nuove femmine amazzoni tritacazzi. Noi donne dovremmo fare lo stesso. Invece di inchiodare le palle dei nostri uomini, castrandoli, dovremmo accettarli per come sono, lasciarli liberi e godere della loro e nostra libertà per prenderci il nostro meritato piacere altrove, con altri dal nostro uomo, solo per il gusto della carne. Il non concederci queste ‘interferenze della libido’ rappresenta un limite per noi donne, che ci frustra (ahimè non frusta) e trasforma in mantidi religiose. Per poi questionarci sul perché i nostri uomini scopazzano in giro. Nella mia peculiare vita, tuttavia, non ho mai dovuto impegnarmi a fondo perché le scorribande sessuali e i tumulti sensoriali riattivassero circuiti amorosi andati in corto. Eh no, a me piace lungo e duraturo, il rapporto. Di coppia. E relativo gioco della coppia. Perché mai bisogna dimenticare che in primis l’amore è un gioco e le regole, stabilite in due, sussistono solo per il perverso piacere di sovvertirle. Tuttavia, bando alle ciance teoriche e avventuriamoci nella sordida pratica della mia ultima sexcapade. E quale scenario migliore per farlo di un casolare di campagna nell’entroterra francese? Il passato fine settimana F., il mio amato amante, mi ha rapito per trascorrere un paio di giorni a casa di una coppia di suoi amici. Arrivati dopo una lunga e divertente gita in macchina, siamo stati accolti da Jean e Lucia, lui vitale e dirompente tardo cinquantenne, lei spumeggiante e maliziosa trentacinquenne. I maschi si sono subito messi a parlare di cose maschie – lavoro, calcio, politica – mentre Lucia mi ha mostrato la casa e aiutato a sistemare le nostre cose in stanza. Il suo corpo snello e slanciato svettava su gambe da gazzella; il bel volto delineato da nasino alla francese e da un sorriso spontaneo la rendeva simpatica e intrigante. Lucia indossava una semplice camicia di lino bianca, che lasciava chiaramente intravedere l’assenza del reggiseno, nonché quella di un seno prorompente. Eppure quei seni solo accennati su di me hanno funzionato da potente afrodisiaco. Lei e Jean mi ricordavano la coppia francese più trasgressiva di tutti i tempi: la giovane Jane Birkin e il maudit Serge Gainsbourg. Dopo un invitante e gustoso aperitif con prelibatezze francesi, tutti e quattro ci siamo salutati e abbiamo raggiunto le nostre rispettive stanze per il doveroso riposino post-prandiale, allettato da variegati appetiti e languorini. Il tempo di chiuderci la porta alle spalle e F. mi ha stretto in un appassionato abbraccio che ci ha fatto ruzzolare sul letto, in preda a rinnovata foga sessuale. Ci siamo spogliati frenetici con le bocche e le lingue voraci mentre le mani scendevano sui corpi elettrizzati dall’atmosfera ebbra di erotismo. Perché non stavamo facendo l’amore da soli: nella nostra testa c’erano Jean e Lucia, rapiti anche loro nell’altra stanza dal duetto carnale. Del resto, l’aveva teorizzato bene quel geniaccio di Freud: Quando una coppia fa l’amore, sono presenti almeno quattro persone: la coppia in questione e le due persone alle quali stanno pensando. Allergica per natura ai doveri, l’idea di andare in un club di scambisti, dove in qualche modo ‘devi’ fare sesso, ‘devi’ essere trasgressivo, ‘devi’ godere ha sempre smorzato la mia libido. Perché l’organo sessuale essenziale da stimolare è la mente. Mi eccita chi mi scopa il cervello. Il sesso da supermercato – entri, paghi, compri, godi, esci – non m’attizza. La mia perdizione è la casualità dell’incontro, svegliare desideri in chi li teneva sopiti o addirittura, ancora meglio, a chi non sapeva di averli latenti. Tuttavia tornando al mio week-end in chiave Je T’Aime Moi Non Plus, la sera Jean e Lucia ci hanno portato in un tipico bistrot dove abbiamo stimolato il senso del gusto con un tripudio di ostriche, fruits de mer, coquille Saint Jacques, il tutto doverosamente innaffiato dal re delle bollicine, lo champagne. Il nostro era un tavolo molto occhieggiato dagli altri commensali: Jean e Lucia non perdevano occasione per baciarsi e accarezzarsi, io e F. non eravamo da meno in quanto a effusioni. La tensione erotica si è insinuata prepotente nell’aria e, complice l’afrodisiaca cena, i sensi tutti sprigionavano sensualità e desiderio. Altro che impersonali e squallidi locali costruiti a tavolino per gli analfabeti sessuali. La differenza tra chi trova erotico un club privé e chi, invece, preferisce crearsi da sé la situazione estrema è la stessa che intercorre tra chi mangia cibo spazzatura e chi ha un palato gourmet. Comunque sempre cibo/sesso è ma c’è chi lo fa per fame e chi per nutrimento. Io non mi sfamo di sesso, io mi nutro d’erotismo. Sul finire della cena, mentre i nostri uomini pasteggiavano a Pastis e sigari, Lucia con uno sguardo d’intesa mi ha chiesto di accompagnarla in bagno. Non me lo sono fatta ripetere. Abbiamo percorso il corridoio che ci separava dal bagno con passo rapido e appena girato l’angolo, ci siamo avvinghiate in un bacio disperato, appassionato, infinito. Senza mai toglierci le mani di dosso, abbiamo raggiunto il bagno, siamo entrate, ci siamo chiuse a chiave e abbiamo rilasciato il desiderio accumulato dal nostro primo incontro. Libere, spregiudicate, femmine in preda all’estasi dei sensi. Con le mani che indagavano le nostre curve, le bocche umide, i seni protesi, i sessi aperti. Le ho sollevato la camicetta per guardarle i piccoli seni e sentirli tra le mie dita, mi sono chinata su di lei per assaporarli con il gusto del mare ancora in gola e le bollicine nella testa, in un pulsante adagio erotico. Siamo sgattaiolate fuori scompigliate e divertite, sentendoci un po’ monelle per aver lasciato i nostri ignari ometti a discernere di calcio. Lucia mi ha detto che era la prima volta che le capitava di sentirsi attratta da una donna. Mai era stata baciata, toccata, eccitata da una donna. Confesso di aver provato il brivido di essere stata la prima, un po’ come i maschi che vanno in brodo di giuggiole per le vergini. Temo di avere il peggio delle donne e il peggio degli uomini. O forse il meglio di entrambi? Tornati a casa, in preda a quella spumeggiante libido, io e Lucia abbiamo condotto le danze, letteralmente danzando languide davanti agli occhi e ai sensi ringalluzziti dei nostri compagni, adesso più interessati alle nostre mosse che non a sciocche polemiche politiche. Ci siamo spogliate davanti a loro, li abbiamo coinvolti nel nostro gioco, sempre consapevoli che a dare il via alle danze eravamo state noi. Perché tutto parte dalle donne. E i nostri amati amanti sono stati lieti di vedere le loro donne genuflettersi, scambiandosi di partner in partner, per sollazzarsi a dovere in un continuo gioco di scambi di sesso, posizione, erezione, eccitazione. Un plateau royal sessuale. Dove il primo assaggio è nato nella bocca di Lucia per poi finire in un suadente inno alla decadenza. Vive les amants.
PS Con questa sexcapade, chiudo il ciclo della rubrica La Mia Vita Orizzontale. La collaborazione con Playboy prosegue ma in chiave diversa e v’invito a scoprirlo nel numero doppio di dicembre/gennaio. La mia penna continuerà a essere divertente e irriverente e la mia vita sessuale movimentata e poco equilibrata, in orizzontale, verticale, obliqua che sia. Some Like It Shot.
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