MEROLATA: termine mutuato da Mario Merola, il re incontrastato della sceneggiata. Qui inteso come scenata assolutamente sopra le righe, teatrale, drammatica, un po’ in salsa napoletana con spruzzatina d’isteria femminile. Solitamente provocata da un nonnulla e impossibile da frenare/contenere per il malcapitato uomo che si ritrova spettatore passivo.
Eh sì, sono la regina della merolata. Per quanto anche le mie sisters-in-arms, tutte, prima o poi nella loro vita si sono rese protagoniste di una merolata. Non esiste, infatti, donna alcuna in grado di chiamarsi fuori e le uniche donne che non hanno mai interpretato una merolata sono transgender, quindi all’origine maschi (un po’ come con la cellulite: se non ce l’hai, non sei donna). E’ nel nostro DNA, nella nostra storia, nella nostra cultura di donne quello di esplodere nella sceneggiata nervosa, con aria sofferta in stile Eleonora Duse, stracciandoci le vesti ma soprattutto stracciando le palle al disgraziato che ci si trova, talvolta suo malgrado, coinvolto. Ritengo sia sempre d’uopo sottoporre un esempio per spiegare bene di cosa si tratti. Al momento, sono molto innamorata di un uomo attento, premuroso e, a sua volta, molto innamorato. Bacia addirittura, sulle labbra! Pure tanto e bene, con trasporto. Non è affetto da anaffettività cronica o traumatica, come il mio ex che per cavargli di bocca e di cuore due paroline gentili dovevo sottoporlo a torture in stile ISIS. Senza peraltro essere certa di ottenere una spifferata d’affetto. Insomma, amo un uomo che mi ama e che me lo dice in continuazione, per iscritto e per orale (in tutti i sensi! Altro plus mica da ridere se consideriamo che gran parte degli uomini ha qualche difficoltà a intrufolarsi linguisticamente nel nostro scrigno di giada, preferendo invece la stantuffata a coniglietto. No, ragazzi la jack-rabbit fuck è come masturbarsi usando il corpo della poveretta di turno. Uno strazio senza soddisfazione finale. Per noi, ovvio). Quindi, tornando al mio amato cavaliere, che cosa mai avrà fatto per scatenare in me la proverbiale furia in stile Erinni di memoria greca? Mi avrà forse tradito? Mi avrà malmenato? Mi avrà insultato? Giammai. La merolata, come da descrizione, non avviene per giusta causa ma per un nonnulla, per la nostra natura, seppur tenuta a bada, da arpie. Lui semplicemente è giunto con un lieve ritardo a un appuntamento intimo. AIUTO, mi è partito l’embolo. Non solo l’ho insultato via sms con tanto di vaffa, non gli ho risposto a telefonate e messaggi ma quando si è presentato sulla soglia di casa, l’ho tenuto sotto la pioggia dieci minuti senza aprirgli. ‘Amore, ti prego cos’è successo? Non capisco, mi faresti entrare?’ E la verità che il poveretto aveva ragione a non capire. Io, irremovibile e dura come il marmo (vi ricordate Monica Vitti in La Ragazza con la Pistola? No?! Pistola che non siete altro, ecco qui il link), gli oppongo un netto rifiuto gridando ‘Vattene a casa tua che non è aria’. Lui insiste (onore al mio amore, un altro mi avrebbe già a questo punto mandato giustamente a ciapà i ratt) e io cedo (strano). Ma l’apparente resa era solo per attaccarlo ulteriormente di persona, come infatti ho proceduto a fare. Entra in casa, mogio e attonito. Non sottomesso, perché non ho mai amato in vita mia uno smidollato. E di nuovo mi domanda cosa diavolo mi sia preso. A quel punto, annaspo ma piuttosto di dargliela vinta, continuo nella mia sceneggiata con porte sbattute, urla belluine, comportamento da belva. Lui tenta di scusarsi e di riappacificarsi, cercando di portarmi a ragionare. Cari i miei ometti, quando una donna va in merolata, è impossibile fermare la performance. Che va esaurita da sola, più che altro perché siamo noi delle esaurite. Nel mezzo della sceneggiata (attenzione: non una litigata che richiederebbe due attori ma appunto una sceneggiata con unica protagonista la femmina isterica), lui capisce che non se ne esce e decide, saggiamente, di abbandonare lui la scena. A quel punto, l’attrice, consapevole che senza pubblico, sembrerebbe Bette Davis in Che Fine Ha Fatto Baby Jane? rientra a poco a poco in sé ma comunque è scazzata all’idea di dover rinunciare alla performance proprio sul più bello, che di solito implica lancio di piatti, accuse infondate e assurde (‘E poi basta con tutti questi sms ti amo amore, buongiorno amore, buonanotte amore, ecchecazzo’ Ossia adesso la disponibilità e la generosità emotiva del partner vengono biecamente usate a suo svantaggio. Pazze, siamo pazze!) e in casi limite anche minacce di abusi (‘Ti meno, ti prendo a calci, ti sciolgo nell’acido’ ovviamente noi gentil sesso contro voi ‘bruti’). Vedendolo sulla soglia di casa, ormai incazzato (era ora!), la regina della merolata supera se stessa e gli si getta ai piedi abbracciandolo. Un’interpretazione da Oscar, altro che Telegatto. ‘Amore, scusami. Abbracciami. Stretta’. In stile soap-opera latinoamericana degli anni ’80. Sfido qualsiasi donna a dire di non essersi mai comportata così. Lui, che in tutto questo trambusto emotivo, in taluni casi simile a un tifone, non ci ha capito una mazza (e non perché sia idiota ma perché non c’è nulla di razionale da capire) si appresta, un po’ titubante, a ricambiare l’abbraccio, pur temendo che la megera brandisca tra le mani un coltello o un rompighiaccio (Basic Instinct, anyone?). Tuttavia, ti osserva con occhi un po’ distaccati e preoccupati perché si domanda, in maniera ragionevole, se non si sia innamorato dell’ennesima pazza isterica. Eh sì, amore faccio coming-out: redrum, redrum, redrum!!! Pertanto, come fare a scusarsi con l’uomo che ami dopo una sceneggiata simile? Eh no, care sorelle, non basta dire ‘mi spiace’ perché se loro ci sottoponessero a un simile trattamento, minimo gliela faremmo pagare in lingerie firmata, cena stellata, weekendino parigino. Di nuovo, mi sembra sia utile raccontavi come ho fatto io per riscattarmi dalla figura di merda della merolata. Ho atteso il nostro prossimo incontro, al quale lui avrebbe potuto presentarsi anche con tre ore di ritardo e io non avrei potuto fiatare. Mi sono preparata a dovere per entrare nel ruolo della docile e mansueta geisha. Ho indossato una parrucca in stile China Girl (sì lo so che la geisha è Jap ma non ho un armamentario da musical di Broadway per travestirmi), mi sono debitamente truccata, ho scelto una sottoveste di seta orientaleggiante con tanto di maniche a ventaglio, ho calzato i tacchi, ho afferrato un ventaglio e mi sono messa ad aspettarlo. Zitta e quieta. Ovviamente dopata da massicce dosi di bollicine. Sento bussare alla porta, entro nel personaggio, faccio partire le note di China Girl del compianto Bowie e nascondendomi il volto nel ventaglio, apro la porta dicendo ‘Buonasela Padlone’. Cazzo, era la mia vicina di casa! ‘ROBERTA???’ Io: ‘Ah ciao, non ti preoccupare ho fatto una merolata e sto cercando di rimediare.’ Lei, da donna, ha capito subito, si è messa a ridere e se n’è andata. Quando lui è arrivato, la casa era illuminata solo da candele (che con quelle maniche a ventaglio mescolate allo champagne ho rischiato di prendere fuoco almeno tre volte, la giusta fine della strega: bruciata viva!) e dall’immagine eterea di questa mini geisha macro stracciapalle. E’ rimasto a bocca aperta. Per poi scoppiare a ridere, emozionato. Ero bellissima. Sinceramente dispiaciuta, volevo rimediare in maniera buffa e sexy, come piace a me. Mission Accomplished. Ovviamente il resto lo lascio alla vostra immaginazione, ma aggiungo solo un altro piccante dettaglio: ogni tanto, ragazze, indossate quelle improponibili calze a rete con il buco in mezzo. Magari non per andare a fare la spesa al Carrefour (quelle horreur) ma per compiacere la vista del vostro uomo. Perché gli uomini sono molto visivi e anche noi donne, indossando un costume, possiamo risvegliare in noi, invece della belva, la bestia da soma. Da domare e montare. Ogni tanto chiediamo scusa perbene, andando incontro ai desideri del nostro uomo bistrattato. Oltre le parole, ci sono i travestimenti. Usateli, anzi abusateli. E non solo a Carnevale!
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