Ah la monogamia …
Tra i miei rituali del sabato mattina (sveglia all’alba e andare di corsa in giro per la mia bella Milano, se ho fatto la brava. Advil, Bloody-Mary e uova, se ho fatto la cattiva) c’è andare in edicola a comprare, e leggere per intero, il magazine DDonna di Repubblica, rivista femminile ma non solo, diretta dalla brava Valeria Palermi, con una squadra formidabile di collaboratrici (tra le quali l’inarrivabile Letizia Schatzinger, fashion director, nonché donna molto spiritosa), e con qualche collaboratore (non sono femminazi, anzi). In un mondo che va sempre più di fretta e ormai considera anche la mera lettura di una rivista una perdita di tempo, vi posso garantire che gli articoli dell’inserto di Repubblica sono invece sempre degni di essere letti per fermarsi a riflettere.
Ad esempio nel numero in edicola ieri, sabato 9 settembre, e che vede in copertina Agassi e non una modellina scialba e anoressica, la redazione ha dedicato ampio spazio a un articolo uscito sul New York Times lo scorso maggio, scritto dalla giornalista Susan Dominus e intitolato Is an Open Marriage a Happier Marriage? (nonché tradotto dalla bravissima collega, sono traduttrice anch’io, Marzia Porta).
Il tema è di grande attualità e verte sul matrimonio aperto, sul poliamore, sulla “fedeltà permissiva”, sulla “non-monogamia consensuale” o “nuova monogamia”. Quest’ultimo, titolo del libro di Tammy Nelson, sessuologa e terapeuta che afferma: “La nuova monogamia è il riconoscimento del fatto che, per un crescente numero di coppie, l’attaccamento coniugale necessita di un’interpretazione fluida.” Perché talvolta il terzo incomodo risulta invece comodo, come dal titolo scelto da DDonna. Si tratta di un argomento che già trattai nella prima puntata della mia rubrica La Mia Vita Orizzontale su Playboy Italia e che cita uno dei libri (vedi allegato fotografico) sui quali ho fatto ricerca, pubblicato già nel 1997: La Zoccola Etica. Guida al poliamore, alle relazioni aperte e altre avventure. L’articolo cita anche una delle fonti d’ispirazione del mio BlogJob, il giornalista/blogger Dan Savage, che ormai nel secolo scorso scoprii sulle pagine cartacee della leggendaria free press/rivista della contro-cultura newyorchese Village Voice (porto una funesta notizia da New York: il mitico VV chiuderà a breve la pubblicazione cartacea e proseguirà solo online), dove teneva una spassosa e informata posta del cuore, e non solo, dal titolo Savage Love, oggi ripresa e tradotta su Internazionale e di cui scrissi qui in italiano e qui in inglese. Bene il saggio e spiritoso Dan, gay, sposato e padre, si definisce monogamish (“piuttosto monogamo”), definizione che mi farò tatuare sul braccio. Io, infatti, ammetto a testa alta di non credere nella monogamia e di non ritenerla pertanto un valore nel rapporto di coppia. Preferisco di gran lunga la sincerità e l’onestà che però richiedono guts (ossia palle, non nel senso di bugie ma di coraggio) e consapevolezza della e nella coppia. L’eticità, infatti, della summenzionata zoccola sta nel fatto che in un rapporto a due è la coppia stessa a darsi delle regole e a rispettarle. Anticipo subito i soliti benpensanti, che poi sono quelli che vanno a zoccole non etiche sulle statali e la domenica tutti a messa con il vestito buono: chi è senza peccato, scagli la prima pietra. Quindi, a meno che non si voglia finire a sassate in stile Intifada, statevene muti e leggete. La suprema ipocrisia di un’Itaglietta provinciale e clericale, comandata a bacchetta da un Vatic-ano che dovrebbe rispettare la laicità del paese, invece d’imporre una sua morale, che i suoi stessi affiliati spesso non rispettano e anzi lordano con azioni ripugnati e, sarà un caso?, deviate a livello sessuale. Spotlight, anyone?
L’articolo cita un altro libro che ho letto e studiato, In Principio era il Sesso (Sex at Dawn) di Chris Ryan e Cacilda Jethà, pubblicato nel 2011, nel quale s’indaga la sessualità a partire appunto dagli albori della razza umana, analizzando i comportamenti degli animali. In pratica la promiscuità sessuale era la norma e veniva praticata ferventemente, al pari delle cosiddette scimmie hippie, ossia le scimmie bonobo, alle quali ho dedicato un esilarante articolo in risposta ai soliti triti e ritriti insulti animaleschi che mi rivolgono i banali, ahimè, non anali, haterS.
Nel mio ascoltare ed essere consultata da variegate amiche, conoscenti e follower del mio blog, ho percepito spesso da parte delle donne lamentele verso il calo del desiderio dei propri partner fissi, ossia marito o fidanzato di lungo corso. Nel libro Che cosa vogliono le donne (2014), l’autore, Daniel Bergner indaga il quasi totale calo del desiderio nei rapporti monogami e duraturi. Le mie confidenti, se potessero (e la realtà è che potrebbero), farebbero sesso casuale, senza vincoli emotivi. Ma sono bloccate e terrorizzate dalle conseguenze e dall’impatto che queste scappatelle, che io definisco jolly sexcapades, potrebbero avere sul loro rapporto di coppia. Scindere sesso e amore, accogliere un’estemporanea scopata al pari di una bella scorpacciata clandestina di cioccolatini, darla per poi riprendersela (“Nà lavàda, nà sùgàda, la par n’anca duperàda”, saggio detto milanese) implica una consapevolezza emotiva e sessuale del proprio sé che può essere raggiunta ma che richiede un lungo e attento lavoro su se stesse.
Io lo intrapresi anni fa e oggi posso affermare di vivere l’amore e la sessualità con profonda serenità e spensieratezza, concedendomi ogni sfizio e guizzo uterino che mi coglie. Senza alcun senso di colpa, che io storpio in sesso di colpa. La miglior definizione che mi sia mai stata data, non a caso da un amico dottore gay di New York fu: “Roby, you are a gay man in a woman’s body”. Ossia sono un uomo gay “intrappolato” in un corpo di donna. E nella mia natura doppia – bilingue, bisessuale, “bicostale” (Milan/New York), bipolare (anche tripolare) – io ci sguazzo a meraviglia. E la meraviglia la trasmetto all’esterno, supportando e incitando amiche e amici a vivere con maggior leggiadria e consapevolezza la propria sessualità, impedendo a norme codificate di imporre loro limitazioni che non sentono. L’articolo, infatti, del NYT afferma che “alcune persone sono più inclini alla monogamia o al poliamore di altre, stando a uno studio anche per una predisposizione genetica.” Perfetto, io sono bonoba nel DNA!
Vi lascio con uno dei numerosi e interessanti video di Dan Savage dal titolo: WHY MONOGAMY IS RIDICULOUS (Sul perché la monogamia è ridicola)
TEMPO DI METTERE IN PRATICA LA TEORIA …