Eve Babitz scrittrice e mangiauomini strafottente. E la sua Hollywood è bellissima e dannata
Eve Babitz è stata avventuriera, festaiola, groupie, narratrice frivola spensierata e inebriata, quando non addirittura intossicata, della mitica Los Angeles degli anni ’60 e ’70, amante della vita spericolata, a Life in the Fast Lane come cantavano gli Eagles, della spiaggia, del sole e degli uomini, tanti. Tantissimi, ma mai troppi. Come disse Earl McGrath, ex presidente della Rolling Stones Records: “Nella vita di ogni giovane c’è una Eve Babitz. Di solito è Eve Babitz”. Ma soprattutto, oltre al mito e alla leggenda della sfrenata mangiauomini (le donne, no, non le piacevano) e gaudente leonessa da party, Eve è stata una superba scrittrice in grado di immortalare con prosa scanzonata e scompigliata, onirica e carnale, “just like her”, l’era dorata della West Coast di memoria passata. In Italia i suoi romanzi/memoir che raccontano l’epopea losangelina della Summer of Love sono pubblicati da Bompiani: Slow Days and Fast Company (2017), Sex & Rage: Consigli a Giovani Donne che Hanno Voglia di Divertirsi (2019), L.A. Woman (2021) e La Mia Hollywood (2023), tutti magistralmente tradotti da Tiziana Lo Porto. Nata in una famiglia bohémien – suo padre, Sol Babitz, di origine russo-ebraica, era violinista classico a contratto con la 20th Century Fox e sua madre, Mae, di ascendenza Cajun, era artista, suo padrino il compositore Igor Stravinskij – Eve è cresciuta in un mondo popolato da artisti, musicisti, attori, perdigiorno, druggies negli anni della “tremolante grandeur di Hollywood”. Onde, surf, Beach Boys, debauchery, vento caldo Santa Ana, parties, trip: insomma, tutta la casistica di una giovane bionda “tettona” (Eve aveva la quinta di reggiseno … Come resistere a una “blondie with big boobs” che ricordava una giovane Brigitte Bardot “in cerca di uomini in grado di garantirmi che se non stavo alla larga avrei trovato guai?”). Una che ammetteva con spregiudicato candore che le interessava solo “divertirmi, gli uomini e i guai”.
Eve è stata una vera trouble-maker, anzi una dannata ricercatrice di guai, con tanto di pedigree, allergica a qualsiasi puritana puttanata borghese e a qualsivoglia condizione di limitazione; avventata, libera, libertina in anni che non erano circoscritti e asessuati da alcun politicamente, sessualmente, socialmente corretto. Senza il bavaglio/bagaglio dei social media. fuck it Lei la vita se l’è goduta appieno e in pieno, spudorata anima trasgressiva ma anche sublime scrittrice, a lungo e colposamente trascurata perché tacciata di frivolezza, come se la frivolezza, soprattutto nella California di quegli anni, fosse una pecca. Sarebbe, anzi, stato un peccato se non ce l’avesse narrata perché immergersi nelle sue parole è come tuffarsi in un’epoca ormai tristemente morta e sepolta. Eve è stata l’epicurea prosopopea del vero spirito di L.A., il principio del piacere incarnato, la sua sensibilità si rifletteva nel suo stile: vertiginoso, esuberante, colloquiale, intriso di una sorta di innocenza alla moda e felice, frasi che continuano a ripetersi, incapaci di riprendere fiato. Eve è stata un “tornado, tornado bollente”, incurante delle macchinazioni sociali che cercavano, e ancora riescono, di/a reprimere la sessualità femminile: “Se sai come non rimanere incinta, non diventare cliente abituale della clinica per accidenti venerei, e farti un’orribile reputazione da sbandierare”, allora puoi spassartela alla grande, all’insegna della dissolutezza e della sfrenatezza. Strafottente e fottente alla facciazza dei moralisti che passano la vita a giudicare gli altri, senza godere della propria. Eve è stata immortalata a perenne memoria in una leggendaria foto del 1963 in cui posa nuda, con le sue meravigliose bocce, mentre gioca a scacchi con Marcel Duchamp (un’idea del fotografo Julian Wasser), esposta anche al MoMa di New York. Scrivere del resto è mettersi a nudo e la Babitz era a proprio agio nella sua pelle. Appena ventenne, rivela “la mia segreta ambizione è sempre stata di restare zitella”. Profezia che si avverò. Sento una comunione di lussuriosi e libertini sensi per e con lei, noi donne liberate ed emancipate da cliché e noie quotidiane, senza uomini tra le ovaie, ma solo tra le gambe, che scacciamo via dopo i sollazzi carnali. “Senza figli, senza cani, senza un marito e nemmeno un divorzio. Ma come avventuriera a volte ho cavalcato un cavallo bianco … e ho assaporato i peccati della Morte Verde”. Nulla e nessuno che possa limitare la vocazione al nomadismo e allo “sgualdrinismo.”
Eve non voleva essere “intrappolata in una prigione ideata da lei”, dal testo della canzone Unhappy Girl dei The Doors e tra i nomi illustri dei suoi amanti si annoverano, appunto, Jim Morrison, Steve Martin, Harrison Ford, tutti agli albori della loro futura fama, quindi “colti” dalla colta Eve che sapeva fiutare il talento, non solo la cocaina. Strettissima fu la sua relazione con LSD, marijuana e, appunto, cocaina – nel libro parla di “Codice Coca”, esilarante! – tra innumerevoli feste alle quali mai si sottrasse, anzi da impavida sfrontata e frivola party-girl se le fece tutte perché, come sostiene nel suo primo memoir La Mia Hollywood, una serie di spassosissimi racconti, pubblicato nel 1974 appena ventenne: “Quando vedo la gente che se la spassa senza di me, la prima cosa a cui penso è la morte… L’unico modo per evitare tutto questo è organizzare una tua festa privata che vada avanti sempre”. Non stupisce, quindi, che Eve Babitz sia una delle mie scrittrici/avventuriere/sgualdrine (“Sono una sgualdrina”, cit. Eve) preferite, di cui ho letto tutti, ahimè pochi, libri. Sprezzante e impaziente, già al liceo si distingue dalla massa di bellissime bionde stereotipate per la sua spiccata individualità, “esoticamente uccellesca”, smarcandosi dalle Thunderbird Girls, associazione femminile, preferendo cazzeggiare con l’amica di turno e vendicarsi dei ragazzi stronzi: “Wendy divideva gli uomini in due categorie: Bravi Ragazzi e Stronzi. Il 90% erano Stronzi… ‘Ti ricordi la volta che gli abbiamo pisciato nel guacamole? O passandogli per dentifricio la tua polvere vaginale?!’”. Io ne ho fatte anche di peggio, come fingere con un ex di essere incinta a 19 anni con tanto di finta pancia trovata in un negozietto di “jokes” a Dublino… Per non parlare di quell’altro al quale scopai il fratello minorenne! Ma se narrassi tutte le mie atroci e spassose vendette, non basterebbe un solo articolo … Con baldanzosa autoironia, Eve si definisce “sentimentalmente ritardata” (intanto la “ritardata” si è s*opata, innamorata e fatto innamorare di lei Jim Morrison!) – vi avviso che i suoi libri oggi non sarebbero pubblicati perché zeppi di termini “fuorilegge” in questo mondo edulcorato, asettico e pullulante di webeti e “disagiati senza cultura” (cit. Enrico Silvestrini vs Fedez) – e narra la sua prima volta così: “Sono stata deflorata a 17 anni grazie a due lattine di Rainier Ale Liquido chiamato La Morte Verde da 26 centesimi l’una…Mi avevano detto che avrei sanguinato e che avrebbe fatto male e che mi avrebbe trasformato in una donna. Ma non ha fatto male. Non ho sanguinato, e invece di trasformarmi in una persona matura, ho iniziato a chiedermi cos’altro c’era là fuori di simile alla Rainier Ale…Ciò che ricorderò sempre non è l’uomo appariscente, che è un biglietto di San Valentino annacquato che galleggia quasi trasparente in un covo di ricordi mezzo dimenticati … Ciò che ricorderò sempre è la Rainier Ale”.
Qualche mese dopo si presenta dalla preside del liceo per ritirare il diploma “con dello sperma che mi gocciolava da una gamba”… Che ragazza in gamba, la nostra Eve, autentica pioniera della liberazione sessuale e mentale. Mai domata, sempre indomita, mai addomesticata. Possedeva una predisposizione naturalmente romantica, pertanto il melodramma era parte integrante della sua itinerante vita, comunque vissuta sempre in California, a esclusione di un anno trascorso a New York (“Che puoi fare a NY, se non mangiare? Le alternative? Bellevue clinica psichiatrica anche definita ‘asylum’ o ‘loony-bin’ o eroina”, e alla fine essere una drama-queen ti afferra, ti seduce e ti conduce verso il fascino oscuro, profondo, dark e trash. Eve in superficie era una pin-up ma sotto era un’artista, proprio come il suo idolo Marilyn Monroe. Eve è una Sun Woman, incarnazione della L.A. Woman dei The Doors (of Perception, dal libro cult di Aldous Huxley), la band capitanata dal carismatico e sensuale Jim Morrison con cui nel 1966 Eve finisce a letto, “accesa dal fervore di groupie che avanza scopando lungo la strada del rock… Le groupie sono come quelli che credono nelle indulgenze che pagano con i loro corpi pur di essere invitati in paradiso… alla ricerca di un po’ di sospensione dell’incredulità e non solo di una scopata facile… Il tempo scorre inosservato e il tempo è l’unica cosa che hai… L’aria era pervasa dalla monotonia e io vivevo dentro la mia festa privata”. Quando a 17 anni, preso il diploma, la consulente scolastica le domanda cosa vuole fare della sua vita, Eve non esita a rispondere: “Pensavo di diventare un’avventuriera…” Lei aveva scelto Marlon Brando, l’attore maledetto e ribelle, insieme a James Dean di Rebel Without A Cause (Gioventù Bruciata), per cui si era presa una cotta folle: “Cercavo qualcosa color Brando… qualcosa di spregiudicato e grandioso”. Tuttavia la conversazione che più mi ha commosso è quando Eve dice alla madre: “Credo diventerò un’avventuriera, va bene?” E Mae, sua madre, serafica e amorosa, le risponde: “Per noi sarai sempre meravigliosa”. Come scrisse Barbara Costa su Dagospia, quella venerata monellaccia mi precede e supera sempre, e per questo ha tutta la mia stima: “Eve Babitz è stata fortunata a ritrovarsi una madre che l’ha lasciata ‘libera di non diventare niente'”.’Pensate che soffio d’immensità sentirsi amati no matter what senza condizioni né limitazioni. È così che si vola alto e altrove, assaporando scampoli di beatitudine dionisiaca. I ristoranti vanno e vengono. Le città cambiano. Gli amanti svaniscono. Ma i libri? Il meglio di essi dovrebbe durare, preservando il suono della voce di uno sconosciuto per chiunque si sintonizzi sulla stessa lunghezza d’onda. “L’idea di fare qualcosa una volta uscita dal liceo al di là di stare seduta in spiaggia mi sembrava chiedere troppo” (Eve Babitz).
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