Questo il pezzo per la mia rubrica “pillole d’erotismo” sulla rivista Maxim Italia di marzo/aprile
NEW YORK FUCKING CITY
Sono rientrata dal mio rituale mese a New York, la città che non dorme mai perché troppo impegnata a peccare. Dal tramonto all’alba e dall’alba al tramonto, la Big Apple stuzzica il palato sensoriale con un susseguirsi frenetico d’incontri/scontri tra corpi, culture, razze, religioni, la mecca assoluta e dissoluta di qualsiasi peccatore con tanto di pedigree. La città dalle mille luci non soffre d’ipocrisia sessuale, anzi s’offre come un’eccitante e variopinta FuckLand, dove cogliere qualsiasi frutto proibito. Sarà forse un caso che sia soprannominata la Grande Mela?!
Vanto una duratura love-story con l’inebriante città che visitai per la prima volta nei tardi anni Ottanta: avevo 16 quando sbarcai dal bus Greyhound, quello del levriero, per concedermi una giornata di folle libertà a Times Square – negli anni ’70 soprannominato The Deuce, quartiere a luci rosse, lurido ricettacolo di prostitute, spacciatori, drogati e cinema porno, una girandola di lucine al neon, insegne XXX, lestofanti e traffichini.
Ricordo che pensai I Love New York, l’iconico logo con il cuore creato nel 1976 dal designer Milton Glaser.
Negli anni Novanta, andai a studiare a NYU dove m’innamorai di fascinoso indiano dalla folta chioma corvina, con cui vissi un’intensa e appassionata stagione d’amore, sperimentando peripezie esotiche ed erotiche. Il bel Sandokan praticava il sesso tantrico mentre io, Like a Virgin, ero reduce da qualche deludente esperienza con un frettoloso “stallone” italiano, alla faccia del detto Italians Do It Better. Insomma, vissi una sorta di mal di fuso sessuale, passando da sveltine precoci a maratone tantriche. Tantra roba. Io e Vikram abitavamo a pochi isolati da Harlem, dove ci lanciavamo in scorribande nei club di musica jazz – slang per energia, vigore, anche sessuale – tra cui l’iconico Apollo Theater, teatro per eccellenza dei musicisti di colore, e The Birdland, altro storico locale.
Dopo l’11 settembre, tornai in una NY post-apocalittica – il motto allora divenne I Love NY More Than Ever – e scelsi il gaio quartiere di Chelsea, popolato da stravagante umanità LGBT a pochi isolati dal Meatpacking District, un tempo epicentro della prostituzione. Il mio bugigattolo si trovava vicino al leggendario Chelsea Hotel, dove commisi stupefacenti atti impuri, (in)degno tributo alla rockeggiante e decadente eredità del mitico luogo che negli anni 60/70 fu la tana di una miriade di artisti, musicisti e scrittori, tra cui Janis Joplin, Bob Dylan, Patti Smith, Robert Mapplethorpe, Leonard Cohen, Jack Kerouac, i seguaci della Factory di Andy Warhol, ecc.
Nonostante l’immane tragedia, o forse proprio in reazione a essa, ricordo quel periodo come denso di umanità, solidarietà e spassoso sesso. Il sesso era l’unico antidoto alla distruzione, Eros & Thanatos, primordiale istinto basico ed elisir vitale. Inoltre, allo scoccare del Terzo Millennio non eravamo ancora rapiti dagli inermi schermi digitali e non ricorrevamo ad app per cuccare ma ci rincorrevamo per le strade, in metropolitana, nei locali, dove il bizzarro crogiolo multietnico si accoppiava per scacciare paure e malinconie. Per innamorarsi, godere e vivere appieno e in pieno quello storico momento che sconvolse il mondo.
Oggi Times-Are-A-Changin’ nella massiccia gentrificazione che ha trasformato la Gotham City – ben ritratta nel film Joker – in una Disneyland a uso, abuso e soprattutto consumo di superricchi e turisti, privata del “seedy underbelly,” il suo ventre molle e poco raccomandabile che fu il fulcro delle correnti artistiche, musicali e letterarie del secolo passato.
Ciononostante, io, sua devota amante peccatrice, continuo a percorrerla sul viale dei ricordi, ascoltando musica – dalla struggente Billie Holiday alla combattiva Patti Smith – e immaginando i tempi passati, suoi e miei.
Nelle mie Walk On The Wild Side, mi è capitato d’incrociare sia Patti sia Lou, di fare l’amore a Central Park e di marciare in topless a Times Square.
Ode alla vecchia sporca e vera Nuova York.
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