Roberta Denti, giornalista, traduttrice e viaggiatrice, blandisce la sua penna intensa e inquieta in giro per il mondo. Soprannominata La nota gaia del quartiere all’Arco della Pace, a Milano, dove abita in una ex latteria su strada, Roberta ha scritto per le riviste Rolling Stone, Men’s Health, e tenuto la rubrica La mia vita orizzontale su Playboy. Oggi, oltre al suo blog Falli Felici, cura la rubrica EroticaMente per la rivista Maxim.
Intervista (qui l’originale) di Mercedes Derna Viola, scrittrice “argentana”, italo-argentina, autrice del blog Racconti dei Findelmondani
Si ringrazia l’amica artista Tatiana Brodatch per l’immagine di copertina
Il tuo linguaggio è spesso provocatorio non è pastello, ma un colore forte come quello del tuo blog. Da dove viene questa tua continua e instancabile forza?
Sono intimamente convinta di essere nata nella pozione magica di Asterix, che mi ha donato un’effervescente combinazione di energia, audacia e follia. Sono dotata di dirompente personalità e di vulcanica energia. Mantengo lo stupore infantile e riesco sempre a cavarmela quando mi caccio nei guai. Non stupisce quindi che l’isola capace di quietarmi sia Stromboli dal vulcano più attivo d’Europa. Terra da cui mutuo la passione per i colori intensi, rosso e nero, senza alcuna sfumatura. Tratto pittorico che applico alla mia penna e ai miei scritti, spesso provocatori e controversi, senza mai scadere nella volgarità e, il diavolo me ne scampi, nella banalità. Preferisco di gran lunga, l’analità! Per me la scrittura è un atto viscerale, quasi un bisogno che sgorga fuori dall’animo. I miei scritti si distinguono per sincerità e franchezza. Io ho messo nero su bianco le mie intime, talora perverse, esperienze erotiche in un atto non esclusivamente finalizzato alla condivisione – certamente apprezzo che siano lette e rilette – ma in un’impellente necessità di fermare su carta il mio variopinto e scanzonato vissuto. Con la speranza, inoltre, che la mia libertà possa essere un faro per chi ancora, invece, si costringe in dinamiche/rapporti che non gli/le appartengono. Ah sì, certo, poi amo rileggerle e pensare: “Quante ne ho combinate, brava!”
Energia dirompente, veloci giochi di parole, auto-ironia e tempo comico ti contraddistinguono. E a te, cosa ti ristora, cosa ti nutre e cosa ti fa ridere?
Mi ristora sapere di avere il dono del giullare di corte, di possedere questa frivola joie de vivre che riesce sempre a stupire e far sorridere il mondo, ovunque mi trovi. Il parlare tre lingue ha contribuito a potermi tradurre in realtà diverse. Mi nutro della mia infinita curiosità, il diverso da me mi attrae e completa, amo trascorrere tempo con gente anziana con storie da raccontare perché il cantastorie/scribacchino, come amo definirmi, prende da sé e dagli altri i propri racconti di vita. Ho una profonda passione per la natura, per le camminate nei boschi, in montagna, in campagna, ovunque possa passeggiare in solitaria alla scoperta di qualcosa. Non a caso i miei luoghi dell’anima – di cui parleremo più avanti – sono tutti posti dove si cammina duro e dove si fanno incontri per strada che meritano una pausa e una deviazione dalla strada maestra.
I bambini mi fanno ridere da matti quando non mi fanno andare fuori di matto, sia ben chiaro. Non avendone e avendo scelto consapevolmente di non volerne, sfrutto al meglio, e chiaramente al peggio, il mio ruolo di variopinta frivola e folle zia.
Mi fanno ridere i poveri di spirito, i convinti, i presuntuosi, chiunque si atteggi a una sostanza che non ha, costretto solo in misere seppur luccicanti apparenze. Io alla vita vuota e fatua, oppongo fiera una vita piena e ricca di umanità, cultura, incontri, viaggi, scoperte e perché no? Scopate. Il sesso mi nutre nel profondo.
In quali gesti consiste l’essere trasgressivo ai giorni nostri? A cosa serve la trasgressione?
Credo che al giorno d’oggi, in un periodo così digitalizzato anche a livello emotivo, la vera trasgressione risieda nella temuta intimità. Tette e culi sono postati e mostrati ovunque, il diktat del sesso è abusato in ogni situazione per vendere, per attrarre, per ottenere click. Io preferisco i lick ai like! La trasgressione da sempre rappresenta un andare controtendenza, facendo tabula rasa di tabù, pensando con la propria mente, seguendo il proprio istinto. Non vedo grande libertà di pensiero in una società come quella attuale, così vittima del pervasivo “politicamente corretto”. La provocazione intelligente, l’ironia caustica – di cui cito quale fonte primaria la dialettica di Woody Allen o del commediante americano Larry David o dello scrittore americano Bret Easton Ellis (che sul tema del politicamente corretto strafatto di steroidi ha scritto il suo primo libro di non-fiction “White”) – sono armi da maneggiare con cautela di questi tempi. La rete è diventata sovrana e ben si sa di come molti sudditi non illuminati, gli webeti, siano incapaci di comprendere provocazioni intellettuali, semplicemente perché il loro cervellino poco allenato non le elabora.
La trasgressione oggi non risiede nel mostrare le chiappe – saremmo tutti trasgressivi – ma nell’avere l’ardito coraggio di essere se stessi, anche se scomodi, all’interno di questa società patinata in apparenza ma pur sempre ipocrita nei suoi recessi.
Cos’è l’erotismo?
L’erotismo è emozione, proiezione, attesa. E’ una promessa di qualcosa che potrebbe succedere. Non è l’atto fisico in sé ma la vibrazione che te lo fa ricercare. Può essere una carezza, un profumo, un’immagine, una parola. Lo senti impadronirsi della tua mente, del tuo corpo, dei tuoi sensi, lo senti scivolarti dentro, fluire nelle viscere, approdare nel sesso. E’ lussurioso appetito di vita. Non è la pietanza ma l’istinto che ti spinge a volerla. Credo che pochissimi scrittori siano stati in grado di descrivere l’erotismo al pari di Anais Nin, autrice, tra gli altri, de Il Delta di Venere – scritto negli Parigi degli anni Venti ma pubblicato solo alla sua morte nel 1977 – che sul tema scrisse: “Il sesso non prospera nella monotonia. Senza sentimento, invenzioni, stati d’animo non ci sono sorprese a letto. Il sesso deve essere innaffiato di lacrime, di risate, di parole, di promesse, di scenate, di gelosia, di tutte le spezie della paura, di viaggi all’estero, di facce nuove, di romanzi, di racconti, di sogni, di fantasia, di musica, di danza, di oppio, di vino.” Ecco, per me l’erotismo è quel guizzo che anticipa l’azione. Quell’impalpabile, per i più poveri di spirito impercepibile (cazzacci loro), sentimento capace di scombinare certezze e attrarre verso l’incognito. Uno spacco può essere erotico. Le tette bombastiche strizzate in un push-up no.
Come si può educare all’erotismo ai tempi de la pornografia a portata di mano? Si accettano anche proposte utopiche o fantasiose.
Fermandosi a sentire. L’erotismo è sentimento. Rifiutando il fast-fuck, l’immediata e frenetica gratificazione sessuale. Crogiolandosi nell’attesa, assaporando i colori tutti dell’arcobaleno emotivo. Ti faccio un esempio intimo e personale: io mi masturbo con regolarità e con profonda soddisfazione. Ci sono volte in cui voglio una soluzione istantanea perché magari sono stanca e poco fantasiosa, allora faccio ricorso ai numerosi siti che offrono pornografia online. Basta un click sulla tastiera e un altro sul clitoride e il gioco è fatto: ho vinto l’orgasmo! Ma quasi sempre questi rapidi e facili gesti non mi provocano un pervasivo e vibrante orgasmo. Io a questo preferisco la petite mort, poetica descrizione in francese dell’orgasmo, paragonato a una piccola morte. Eros & Thanatos, come già predicavano gli antichi Greci. Più spesso, invece, amo amarmi con lentezza, spogliandomi e indossando lingerie di seta: raggiungo il letto o qualsiasi altro luogo in quel momento m’ispiri, e, senza alcun malefico device, se non la mia immaginifica mente mi dedico anche per ore al mio piacere più intimo, sognando scenari estremi, a volte immagazzinando nella fantasia una qualche mia conoscenza, lordandomi di desideri forti, battendomi la carne e trattenendo la risoluzione del piacere, prolungandola quanto mi garba. Per me, la masturbazione dovrebbe essere patrimonio dell’umanità e protetta dall’UNESCO! Chiunque si rifiuti di praticarla, mi provoca una pena immensa. Poveri di spirito e di sperma!
Insomma, parte tutto da noi. Siamo noi che decidiamo e scegliamo come amare e come fare sesso. In primis, tra noi in solitudine e in sincerità. Chi conosce il sesso solo tramite lo schermo di un telefonino, non m’interessa. La vita non ha bisogno di schermi.
Lucrezia Martel dichiarò in questi giorni al Festival del cinema di Venezia che non sarebbe andata alla cena di galà di Polanski per non dover alzarsi ad applaudire un condannato per abusi sessuali. Ogni persona sana mentale e affettivamente, condanna gli abusi sessuali. Cosa pensi invece sulla censura delle loro opere?
Siamo tornati alla caccia alle streghe, soprattutto negli Stati Uniti, dei tempi del Maccartismo quando i comunisti nel mondo dello show-business erano messi in una lista nera. Io l’ho definito Maccartismo sessuale in un articolo per Maxim, l’implacabile deriva del movimento #MeToo di cui sto leggendo la genesi con il libro She Said scritto da Jodi Kantor e Meghan Twohey le due giornaliste del New York Times, il primo quotidiano a svelare la storia di abusi del produttore Harvey Weinstein, indagine per la quale le due giornaliste furono insignite del Premio Pulitzer. Da donna, ma preferirei dire da essere umano, sono assolutamente contraria a qualsiasi forma di abuso e prevaricazione, nella sfera familiare così come in quella professionale. Ma purtroppo alla fine si tende a fare di tutta l’erba un fascio e si rischia di scadere nella censura preventiva. Dubito, infatti, che oggi il grande scrittore russo Vladimir Nabokov avrebbe trovato un coraggioso editore in grado di pubblicare il suo libro scandalo, nonché capolavoro, Lolita. Le opere del pittore Egon Schiele non sarebbero state appese in famose gallerie ma trattate come scartoffie pedopornografiche. I meravigliosi e intelligenti film di Woody Allen relegati a una piccola nicchia di aficionados, quando e se distribuiti. Mi rincuora sapere che almeno noi europei siamo meno estremisti e decisamente meno puritani degli americani. E’ “solo” arte ma che arte!
Rifuggo e aborro l’idea di vivere in una società che monitorizza ciò che posso vedere, leggere, ascoltare. Io distinguo l’opera dall’artista. E forse a comportarsi troppo bene, si cavano solo banuali di starlette d’Instagram con il broncio perenne e la chiappa plastificata.
Ridateci i pervertiti. Mi riempiono lo spirito ben più dell’Hoponopono!
So che sei una gran lettrice e che leggi su carta stampata. Uno segna i libri, e alcuni libri segnano noi. Quale libro ti ha segnata?
Ti racconto un buffo e illuminante aneddoto di quand’ero piccola. A otto anni fui scelta per fare da modella sulla rivista MODA di Vittorio Corona. I miei genitori non erano molto d’accordo temendo l’ambiente. Io so solo che per il servizio mi avrebbero pagato 100 mila lire. Il mio primo nitido e indelebile pensiero fu: “Chissà quanti libri posso comprare con tutti quei soldi!” Quindi, sì, sono una divoratrice di libri, lo sono sempre stata e lo rimarrò. Li voglio di carta, li voglio toccare, palpeggiare, fin tanto molestare. Ci scrivo sopra, faccio le orecchie alle pagine, ci dormo accanto, li tengo anche in bagno (solo quelli che mi fanno cagare …), sono ovunque in casa mia. Tanti libri mi hanno segnato: dalla scrittura alienata e pop di Lunar Park di Bret Easton Ellis, al pervasivo cinico erotismo de Il Teatro di Sabbah di Philip Roth, dall’immenso e intimo Diario di Anais Nin, fulcro della mia tesi di laurea, alla bibbia del sadomasochismo Venere in Pelliccia di Leopold Sacher Masoch, dal saggio filosofico naturalistico Walden Vita nei Boschi di Henry David Thoureau agli scritti tutti dell’immensa Oriana Fallaci. Tuttavia è indubbio che il libro che più mi ha segnato, anche perché letto quando io stessa ero una “ninfetta”, sia stato Lolita di Vladimir Nabokov.
Una volta mi hai detto che per te gli uomini sono come i libri. Potresti elaborare il concetto?
Amandoli e sfogliandoli entrambi, credo di aver detto una grande verità! Eppure ravviso un legame tra queste due mie passioni: ne scelgo tanti, mi concentro su alcuni e se non mi soddisfano, li metto da parte e ne “apro” altri. Così come per me è difficile individuare un singolo autore preferito lo è altrettanto in termini di amatore. Sono di umore tempestosamente variabile e a seconda del momento e del mood posso volermi immergere in un’autobiografia o in un intellettuale. Di repente, potrei invece desiderare un giallo scialacquapensieri e un uomo più alla mano. Sarebbe interessante valutare se le mie scelte letterarie corrispondono a quelle umane. Insomma, se scegliessi American Psycho di Bret Easton Ellis avrei paura su chi fa ricadere i miei artigli predatori! Amo la varietà di ogni genere. Non sono facile ai legami e rifuggo a gambe levate la monotonia. Pertanto così come non riesco a selezionare un nugolo di scrittori, così non sono in grado di concentrarmi su pochi uomini selezionati. Del resto, sono una sapiosessuale, ossia quel genere di persona attratta sessualmente dall’intelligenza. Senza però trascurare di tanto in tanto dei carnali amplessi con maschi ben poco inclini alla cultura. Sono bipolare anche sessualmente!
Vivi a Milano e frequenti periodicamente Venezia, New York, Stromboli e il Lago di Como. Dimmi almeno una cosa che ognuno di questi posti di dà, o cosa trovi di te in ognuna di loro.
Venezia mi rallenta, mi rapisce nel suo ventre umido, quasi un tornare in utero. La frenesia “scema” si placa. Prepotente torna il desiderio di umanità. Di parlare con i veneziani. Di farmi svelare la loro città, sogno di molti e realtà per pochi. “L’unica cosa da fare a Venezia è smarrirsi,” scrive il bravo Tiziano Scarpa nel libro Venezia E’ Un Pesce, un assoluto must per chi ama la laguna. Smarrirsi per ritrovarsi. A Venezia amo calleggiare, ossia perdermi senza meta tra le sue calli. Soffermarmi ad ascoltarla, bevendo ombre di vino nei suoi bacari, assaggiando le prelibatezze del Mercato del Pesce e delle autentiche trattorie che ancora esistono in barba al malefico turismo mordi e fuggi che la sta rovinosamente trasformando in un parco giochi. Visito musei, mostre, trovo cultura ovunque. Ogni angolo bagnato è fonte d’ispirazione. Amo inoltre sedurre e farmi sedurre dai casanova locali, assaporando la natura libertina di Venezia, nonché la mia. Quando torno a Venezia, lasciarla si fa sempre più difficile. Credo sia la città perfetta per la mia dimensione onirica erotica e lunare. Qui esce la mia vera me stessa, troppo scombussolata ed eccitata nelle grandi città dalle mille luci. Silenzio … parla Venezia.
New York, la città che non dorme mai perché troppo impegnata a scopare (o almeno così ne scrissi anni fa su Playboy). Dal tramonto all’alba e dall’alba al tramonto si è rapiti da un susseguirsi onnivoro d’incontri/scontri di corpi, culture, razze, religioni eterogenee e affascinanti, la mecca assoluta e dissoluta di qualsiasi peccatore con tanto di pedigree. Inoltre la città dalle mille luci non soffre d’ipocrisia sessuale, anzi la Grande Mela s’offre a chi la visita come una variopinta ed eccitante FuckLand, dove cogliere qualsiasi frutto proibito e concedersi ogni vizio. New York ti offre il mondo e te lo fa pagare molto caro. Ci sono cresciuta in periodi diversi ma essenziali della mia vita e ritorno ogni anno a immergermi nel mio sogno newyorchese, ascoltando Billie Holliday e perdendomi per le sue strade, avenue, parchi, amanti. Mi rigenera spirito, mente, corpo, sesso. Un viaggio nel futuro, nell’assoluto caos acustico, nel rumore perenne, nella città dei mille input e output e come diceva Jeff Bridges nel ruolo del Drugo nel Grande Lebowski: “Un sacco di input e di output. Sai, fortunatamente io rispetto un regime di droghe piuttosto rigido per mantenere la mente, diciamo, flessibile.” Per vivere e sopravvivere a NY devi essere una iena, devi districarti nella giungla urbana e devi sopportare il ritmo, bombardandoti la mente e il corpo di “drugs” le pillole legali americane che in realtà sono vere e proprie droghe. Sono così infelici e depressi. Not my kind of town, after all.
Stromboli la mia isola di fuoco che quest’anno in occasione del mio compleanno mi ha pure regalato una possente eruzione, che amo storpiare in erezione. All’evento vissuto in prima persona ho dedicato il mio imminente scritto A Qualcuno Piace Calda nella mia rubrica EroticaMente su Maxim in uscita il 20 settembre. Consentimi la marchetta editoriale, nena. Un altro luogo magico, estremo, energetico capace di ristorarmi nei momenti buoni come in quelli pessimi. Il vulcano fa da lavanda gastrica emotiva: qualsiasi cosa sia rimasta sedimentata dentro, esplode all’esterno facendo rumore ma il più delle volte senza fare danni. Stromboli regala la più assoluta e dissoluta libertà di vita, costumi (che non indosso mai), di regole (che non mi limitano mai), di percorsi in solitaria lungo le pendici del vulcano emerso solo per meno di mille metri, mentre affonda nel mare per oltre duemila. Stiamo a tutti gli effetti danzando sulla bocca di un vulcano attivo. E’ un’esperienza unica trovarsi nel mezzo del Mediterraneo su una piccola isola illuminata dai bagliori di fuoco di Iddu e circondata da sabbia e rocce vulcaniche nere come la pece. Isola di prorompenti contrasti, così come sono io. Bipolare, bilingue, bigama, bisessuale. Amo i contrasti perché sono un contrasto in fieri.
E dulcis in fundo, il mio amatissimo lago di Como. Papà è nativo di Bellano, sponda di Lecco, e mamma di Luino, Lago Maggiore. Sono persino bi-laghee! Tornare alle mie fiere origini lacustri – va detto che i laghee sono fondamentalmente dei cialtroni, scostanti e diffidenti ma altresì notori spustadi, come diciamo noi in gergo, o in italiano, svalvolati – mi riporta alla mia natura più vera perché sono nata in un contesto di cantastorie, affabulatori, contrabbandieri, contaballe, romanzieri, ombriaconi, autentici personaggi della commedia italiana. Che hanno influenzato la mia ironica favella, il mio fabbisogno di storie, la spasmodica ricerca di risate smaliziate. Tutti hanno il loro vizietto e nei piccoli paesi tutti sanno degli altri. Io oppongo fiera Vizi Pubblici Private Virtù al più banale detto italiano. Non mi nascondo e mi pavoneggio dei miei vizietti, facendone ridere tutti. E facendo così, insinuo la sana idea che la libertà sessuale sia un profondo toccasana. Nel piccolo borgo mi leggono e seguono, anche per strada, quasi tutti! Nonché mi vogliono bene anche se mi hanno soprannominato Menaggina da Menaggino il vento più potente e distruttivo del lago. Sono una mina vagante che come il regista Fernan Ozpeteck faceva dire alla nonna del film Mine Vaganti: “Le mine vaganti servono a portare il disordine, a prendere le cose e a metterle in posti dove nessuno voleva farcele stare, a scombinare tutto, a cambiare piani.”
Cosa porteresti a Milano da ognuno di questi posti per renderla migliore?
Milano sta già vivendo un frenetico e rigenerante Rinascimento in questi ultimi anni. Sta diventando sempre più cosmopolita, giovane, vibrante, ricca di ogni genere di offerta culturale. Si vive bene a Milano, città ancora a dimensione d’uomo. Io ho la fortuna, e la volontà, di abitare in un quartiere della vecchia Milano, che amo chiamare il quartierino. Qui all’Arco della Pace, una sorta di Stonehenge urbano, si è raccolta una comunità di amici, vicini, persone e personaggi che irradiano la mia esistenza ogni giorno. Il più grande lusso di questi tempi moderni è avere tempo. Da vivere, da dedicare a chi amo, a chi mi affascina, a chi ascolto e a chi mi ascolta. Ci sono settimane che trascorro solo tra casa, la mia variopinta latteria/loft su strada) e una o due vie limitrofe. Eppure avrei materiale per scrivere diversi racconti. Milano è mio marito, la ritrovo in inverno quando vado in letargo e mi riposo dopo le fatiche, le corse, i viaggi, gli amanti estivi. Dai miei pellegrinaggi in giro per il mondo, a Milano riporto il mio sorriso e il mio spirito. E il garbo, nobile valore, che sembra ormai sempre più raro. Porto verità e umanità. E accolgo come pochi sanno fare nella mia casetta piena di colori, libri, riviste, spezie, bottiglie. Chiedi in giro della lattaia matta all’Arco …
Che bambina eri e cosa conservi di lei?
Mammona, irrefrenabile, lunatica, dispettosa ma soprattutto di una sensibilità toccante ed estrema. Ogni cosa risuonava forte sulle mie delicate corde e di rimando, facevo tanto rumore. Ci sono state esperienze che hanno relegato la mia parte più vulnerabile in una campana di vetro, anzi di acciaio, per proteggermi dal male. Porto sul corpo i segni degli anni difficili. Ho narrato tutto in molteplici diari. Ho sempre avuto bisogno delle parole, scritte e lette, per affrontare i miei demoni addomesticando il dolore, senza più stordirlo con azioni estreme e dipendenze nocive. Ho avuto un’adolescenza complessa e dura che di certo ha pesato molto sul benessere dei miei genitori, che sono sempre stati i miei più grandi alleati nel trovare la strada per uscire dal tunnel dell’autolesionismo. Di me da bambina, conservo il ricordo della sua impotente ingenuità, le smorfie, i bronci, i capricci. Ricordo anche la resilienza, la forza, la simpatia, la “monellaggine.” Sono sempre stata una femminaccia, una sorta di maschiaccio al femminile, avevo la banda di amici tutti maschi che comandavo a bacchetta. Non mi piace pensarmi vittima, né boia. Credo di essere sopravvissuta al meglio considerato il trauma che ho subito da piccola, affrontato da adolescente e risolto da adulta. Di lei conservo la consapevolezza di poter superare tutto.
Donne non si nasce, donne si diventa scriveva Virginia Woolf. Io lo sono diventata alla faccia del lupo.
E una domanda che faccio sempre: cos’è per te il buio?
L’inquieto respiro della notte. Quando tutto il rumore per nulla si quieta e si appaga. E’ nell’oscurità che riesco a scrutarmi lontana dalle mille luci e delle fatue conversazioni. Sola nel mio letto o nelle mie strade di vita, mi ascolto, a volte mi temo, e mi sento. Amo il buio. Anche se da piccola necessitavo di una luce sul comodino. Sopravvissuta agli incubi, sognati e non solo, ho imparato ad accoglierlo senza più ansia, anzi con spavalderia. Non bisogna temere il buio, né la propria dark side, la parte oscura e oscurata che alberga in ognuno di noi. La chiave è conoscerla, conoscersi, accettarsi e arrivare addirittura ad amarsi in barba a difetti, limiti, sbagli, vizi. Anzi, amarsi proprio perché imperfetti, cialtroni, oziosi e poltroni. Inoltre, in un mondo dominato da vincenti e apparenti, io rivendico dignità per perdenti e opachi.
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