Nella mia vita di donna combattente – perché noi donne combattiamo sempre e da secoli, contro pregiudizi, soprusi, abusi, pettegolezzi – c’è una questione in grado di trasformarmi nell’Incredibile Robbie, facendomi scoppiare il petto e inveire come una faina: il doppio standard. Eh sì, boys & girls, quel sottile e gran paraculo modo di pensare per il quale se un uomo se la spassa in giro (e lo fanno, l’hanno sempre fatto e lo faranno sempre, beati loro!) è un figo, uno sciupafemmine, un dongiovanni ma se a farlo siamo noi donne, ecco pioverci addosso una sequela infinita d’insulti: ve li devo forse elencare? Diamine, no. Li conosciamo bene gli epiteti che vengono vomitati su una donna libera e consapevole della propria sessualità. Simone de Beauvoir, autrice de Il Secondo Sesso, il tomo per eccellenza del femminismo del secolo scorso, disse ‘una donna libera è il contrario di una donna leggera‘. Parole sacrosante ma profane per i benpensanti, siano essi uomini e ahinoi pure donne. L’emancipazione femminile, il diritto al piacere, l’indipendenza dall’uomo, l’autodeterminazione sessuale per noi donne sono passi fondamentali da compiere per poter vivere la nostra esistenza al pari di quella maschile: scegliendola, non subendola. E mi duole dover strigliare le nostre sorelle, che tanto sisters-im-arms, non sono: parlo qui di tutta quella gelosia e invidia femminile che ci impedisce ancora oggi, nel terzo millennio, di fare squadra e fronte unito contro la violenza maschile. Donne pronte a giudicare le altre solo per scelte diverse dalle loro, a sparlare dei costumi disinibiti altrui, a recriminare sulle differenze femminili. Io non ci sto. Io, donna fiera e libera, frivola e consapevole, condivido le scelte delle mie sorelle, siano esse sposarsi e fare famiglia o scopare e rimanere zitella, perché ognuna di noi ha un percorso proprio personale da compiere. Se il diverso da voi, vi infastidisce forse è perché la vostra scelta di vita non è stata presa liberamente ma subita dai dettami della società. Il mio consiglio alle mie sorelline più giovani nate in un paese non propriamente all’avanguardia in temi di diritti femminili, qual è l’Italia, è viaggiate, studiate, osservate, imparate. Il mondo è davvero una fucina di diversità e possibilità. Non permettete MAI a nessuno/a di giudicare il vostro percorso di vita sessuale, che sia etero, gay, monogamo, promiscuo, fluido, la qualunque. La vita e la figa sono vostre, fatene ciò che volete. Con la consapevolezza che ci sarà sempre qualcuno pronto a insultare la vostra libertà. Andatevene via, scappate dalle cattiverie e se non potete farlo, mettetele a tacere nel vostro cuore. Ognuno è nato alla sua maniera. Noi donne abbiamo tutti i diritti di goderci la vita al pari e meglio degli uomini. E di scopare in giro allegramente, se ci viene il guizzo di farlo. Chiudo lo sfogo con la scena finale tratta dal bellissimo film di Mario Monicelli La Ragazza con la Pistola (1968) con una splendida, divertente e irriverente Monica Vitti, nel ruolo di Assunta, sedotta e abbandonata da Vincenzo Maccaluso, un bravissimo Carlo Giuffrè che interpreta un siciliano che al paese si toglie gli sfizi che vuole e poi se ne vola a Londra a togliersene altri. Lei, Assunta, innamorata di lui, cede alla fuitina e poi, sedotta e sputtanata, non avendo padre/fratelli/zii che possano lavar via l’onta con il famigerato delitto d’onore, viene incaricata di partire alla volta dell’Inghilterra con una pistola per commettere lei stessa il crimine. La giovane Assunta con tanto di forte accento siciliano e treccione nero, catapultata nei costumi bizzarri e disinvolti della Swinging London degli anni Sessanta, rimane dapprima sconvolta e poi, a poco a poco, smette le vesti in stile jellabah araba, scioglie le trecce, inforca stivali Courreges, abbraccia la minigonna di Mary Quant, conquista il cuore di un medico inglese e per vendicarsi dell’ex amato amante, il becero con giacca di pelle de rigueur per l’emigrante italiano, lo seduce e lo abbandona il mattino dopo. Imbarcandosi su un ferry che la porta dal suo English doc. Vincenzo Maccaluso mollato sotto le lenzuola, accorre al porto solo per vederla serena e beata che si fuma una sigaretta (ah donnaccia!) sul ponte della nave con i capelli sciolti al vento. Pacata la reazione del masculo abbandonato … ‘Bottana eri e bottana sei rimasta’. Questo per dire, ragazze, che comunque la facciate, sia che gliela diate, sia che non gliela diate, loro per insultarci ci chiameranno sempre ‘puttane’. E’ ora di abbracciare con orgoglio il nostro essere puttana e rimandare, a calci in culo al mittente, simili epiteti. PS il film era del 1968 … Ne abbiamo fatta di strada, donne. Fuck double standards, just fuck!