La vita è un casino!
Oggi passeggiando per le viuzze della vecchia Luino, cittadina che ha dato i natali alla nonna Amedea Ferrari, sposata Baldeschi, la famiglia di mamma, mi sono imbattuta in quello che è rimasto dello storico casino di Mamma Rosa, ahimè non la mia mamma: un antico muro rosa con tanto di cancello dal quale si accedeva alla famosa casa di perdizione del lago Maggiore. E non potevo non fermarmi per un selfie rosé perché ormai da qualche anno io finalmente ho capito cosa voglio fare da grande: la maîtresse. E non scherzo: del resto sin dal primo non timido vagito mi sono sentita ripetere “Robbie fai sempre casino”. Quanto mi piacerebbe, infatti, essere la tenutaria di un bordello sul lago, come del resto pare fosse la Casa Teodolinda di Varenna, acquistata dai miei antenati e trasformata nel delizioso albergo Du Lac (assolutamente consigliato per un romantico fine settimana. Solo non fate il mio nome: alla stregua di Paris Hilton, anche io non godo di ottima reputazione nella mia famiglia). Ahimè è un sogno destinato a non avverarsi nel nostro pietoloso e ipocrita paesello, colonia del Vatic-ANO. Comunque, eccovi qui qualche notizia lampo sulla storia dei bordelli in Italia e chissà che un domani non si riesca a tornare al Rinascimento dell’Eros facendo rifiorire questa terra ormai delirio del proibizionismo più becero.
- Le case di tolleranza in Italia furono istituite legalmente il 15 febbraio 1860 dal conte Camillo Benso di Cavour. Ossia ben oltre un secolo fa. E’ proprio vero che si stava meglio quando si stava peggio. Nella fattispecie sul finire del diciannovesimo secolo, eravamo ben più tolleranti e aperti. Esattamente come le case che erano aperte e tolleranti
- Lo Stato controllava rigidamente questi luoghi che erano suddivisi in tre categorie: prima, seconda e terza classe. Le tariffe erano fissate tra le 2 e le 5 lire, ossia da quelle più popolari a quelle più lussuose. Le tariffe poi erano divise in “alla buona”/”svelta” (ossia una botta e via?), “doppietta” (only for keepers), “mezza ora” (che già non è male), ora intera (rarissimi casi).
- Il nome “case chiuse” deriva dal fatto che per pudore le persiane dei postriboli dovevano essere tenute sempre serrate onde evitare di offendere la morale pubblica. Un po’ come oggi dove a “persiane chiuse” se ne combinano di ogni e poi tutti a messa la domenica con il vestito buono (e magari macchiato di sesso…).
- La prostituzione in Italia iniziò a essere regolamentata a partire dal 1432. In pratica una tradizione lunga sei secoli. Inoltre l’Italia era l’unico paese ad aver regolamentato così rigidamente la prostituzione. Nel 1890 i postriboli riconosciuti dallo Stato erano 525. Le prostitute schedate erano 10.000.
- Il 20 settembre 1958 una deplorevole legge voluta dalla senatrice socialista Angelina Merlin decretò la chiusura delle case di tolleranza che allora erano 720. Ci voleva una donna per far tornare le donne sui marciapiedi esposte alla delinquenza, ai soprusi e alle malattie veneree. Un paese schiacciato dalla morale cristiana, in preda a un folle proibizionismo di stampo religioso e totalitario, in quello che invece sulla carta è un paese laico.
- Il mestiere più antico del mondo è oggi legalizzato nei seguenti paesi europei: Paesi Bassi, Germania, Svizzera, Austria, Spagna, Turchia, Grecia, Ungheria, Lettonia.
La storica tenutaria Mamma Rosa del bordello di Luino viene ricordata così da Piero Chiara, il noto romanziere locale:
“In paese (Mamarosa) veniva considerata senza rancore e con una certa indulgenza anche dalle madri e dalle mogli, che probabilmente intuivano quäle rimedio poteva essere a ben altri guai. Stava in mezzo alle nostre case con la sua Casa ed era ormai, come il Municipio, la Chiesa e la Stazione Internazionale, un passaggio obbligato. Le donne per bene, quando dovevano transitare davanti al suo cancelletto di lamiera, guardavano dall’altra parte; e se potevano, sbirciavano per vedere chi andava e veniva. ‘Funziona’ pensavano ‘allora tutto e regolare’. II mondo e quello che e e tutto ciò che deve avvenire avviene.”
In onore dunque di Mamma Rosa e di tutte le donne libere, spregiudicate e scandalose vi lascio con la bellissima poesia/canzone di Fabrizio de André “Bocca di Rosa”, dedicata a chi mette l’amore sopra ogni cosa …
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